Tutto quello che mi serve è dentro lo zaino

Tra due settimane precise partirò per dieci giorni sui monti e nella natura, in tenda.

Saranno dieci giorni staccati dal mondo (e da internet) con tutto quello che mi serve dentro lo zaino: sacco a pelo, stuoino, tenda, cibo, fornellino, pochi vestiti e una gran voglia di avventura.
(Tornerò il 10 agosto, la sera tardi, e l’11 mattina partirò per il Vietnam. Rilassanti queste ferie!)

E questa era la prima premessa al post
La seconda premessa è che da qualche mese sto scrivendo pezzettini di esperienze in campeggio/in tenda e mi sto divertendo un bel po’.

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Kathmandu in 10 scatti

Questo post fa parte del progetto In 10 scatti.

Questo è il primo post, quello dove spiego come funziona: Un nuovo progetto, una nuova sfida: #in10scatti.

Dieci fotografie (scattate rigorosamente da me) per raccontare una città, una volta alla settimana, per tutto l’anno.

Ecco a voi la mia Kathmandu  in 10 scatti, un luogo rimasto nel cuore a cui tengo tantissimo: durissimo e verissimo.

Arcobaleni per dipingere le stoffe

Arcobaleni per dipingere le stoffe

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I non-luoghi

Questo post non era un post. L’ho scritto qualche anno fa, quando il blog ancora non esisteva, quando non era nemmeno un’idea. L’ho trovato stasera per caso, spulciando in un vecchio hard disk. Ho pensato di condividerlo con voi.
In fondo un po’ parla anche di viaggio.

non-luoghi

Ci sono dei non-luoghi in cui è bello viaggiare, come se fossero veri.
Non ti ci porta l’aereo, nei non-luoghi: ti ci porta una canzone, un profumo, una foto, un pensiero, un’idea.

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La piccola me e le formichine di Fabio Vettori a Moena

C’è questa sensazione che accomuna ogni cosa quando si è piccoli: tutto sembra grande e lontano, perfetto e irraggiungibile.
I nostri genitori sono dei superbabbi e delle supermamme, invincibili e indistruttibili, sempre con la soluzione pronta, che fanno lavori importantissimi e senza neanche un 5 nella loro carriera scolastica.
Le sorelle grandi sono splendide e hanno delle amiche simpaticissime. Degli amici maschi poi non ne parliamo: tutti affascinanti e inavvicinabili (anche quelli che ad anni di distanza ti rendi conto essere dei veri e propri rospi).
I nonni sono delle rocce, vecchi da sempre e saggi più di un’enciclopedia.
La prima volta che mio nonno mi disse che non sapeva rispondermi a una domanda ci rimasi malissimo: “Non lo sai, nonno?! Ma sei così vecchio che ormai avrai studiato tutto quello che c’era da studiare nel mondo, è impossibile che tu non sappia qualcosa!”.
E non dimenticherò mai il suo sguardo dolcissimo mentre rispondeva alla me seienne: “Io so tante cose, ma non tutte. Sono sicuro che ci sono delle cose che tu sai e io ancora non so. Potresti sicuramente insegnarmi qualcosa.”
Davvero il più saggio, anche senza sapere tutto.

I cantanti e gli attori poi non ne parliamo, per un bambino vivono talmente nell’iperuranio che i personaggi dei cartoni animati sembrano quasi più reali.
Poi ci sono proprio gli idoli. Tipo io adoravo Cristina D’Avena e Marco Columbro, vai a capire perché proprio quei due. Columbro, poi.

Ma sopra tutti, lassù sul podio degli idoli dorati e irraggiungibili, per me ce n’erano tre: Gianni Rodari (Favole al telefono e Il libro degli errori li rileggo ancora ogni tanto), Silvia Ziche (che disegnava le mie storie preferite di Topolino) e Fabio Vettori (che disegnava le formichine).
Da piccola ero abbastanza fissata con questa cosa dei libri e dei disegni, lavorare nella redazione di Topolino era il mio sogno nel cassetto.
E poi c’erano quelle formichine che mi piacevano da matti, ne disegnavo in continuazione e trasformavo tutti i miei amici in formichine e mi perdevo a osservare gli splendidi mondi che prendevano vita dalla matita di Fabio Vettori.
Disegnava degli universi, delle storie intricatissime in un’unica immagine. Passavo le ore a scovare tutti i più piccoli dettagli nelle sue tavole.
Tipo questa, con le formichine che costruiscono l’arcobaleno:

poster arcobaleno fabio vettori

“Arcobaleno” © Fabio Vettori – www.fabiovettori.com

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Vintagismi, detti anche ricordi: un libro di nostalgia felice

[questo post non parla di viaggi, ma di un libro, di disegni bellissimi e di cappelli improbabili]

Qualche tempo fa, in uno dei miei viaggi virtuali a zonzo tra i blog, ne ho trovato uno splendido.
È il blog di Ilaria Urbinati, che ha 3 anni in più di me e ama disegnare e leggere.
Cioè, in realtà fa proprio l’illustratrice di professione e ha già pubblicato tanti libri, ma “ama disegnare” mi piace di più.

Questo post è per dirvi che mi sono innamorata di una sua graphic novel, cioè un librino con un sacco di disegni tenerissimi.
Si intitola Vintagismi, detti anche ricordi
E se la tua infanzia è stata tra gli anni 80 e 90 è anche per te.

vintagismi - mi racconti una storia

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Delle poesie, dei ricordi, dei viaggi e di Itaca

the journey is the destination

I primi libri che ho comprato da piccola sono stati libri di poesia.
Leggevo Hikmet, Gibran, Tagore. La leggerezza proprio.
Mi ci perdevo dentro quelle poesie. Le leggevo, le studiavo, le spremevo.
Ricopiavo i pezzettini che mi avevano più colpito in un quaderno con una copertina bellissima e una carta molto liscia, comprato apposta. Rigorosamente con la penna blu.
E poi le interrogavo: cercavo tra le righe delle parole che parlassero a me, che rispondessero alle mie domande. Le trovavo, spesso. Ed era confortante sapere che anche i grandi come Neruda si erano sentiti come me.
Le mie preferite erano le poesie d’amore.

Le poesie mi piacevano perché erano mondi a sé, brevi, finiti, sintetici.
Poche righe raccontavano più di interi romanzi. E lo facevano una grazia e una perfezione che veniva da dire “basta, non scriviamo più di questo tema, che è già tutto qui dentro, in questa poesia, e non si può dire meglio di così, quindi basta”.

Vi ho raccontato queste cose per arrivare a parlarvi dell’incontro, del tutto casuale, che ho avuto con una delle mie poesie preferite, che per anni è stata appesa in camera mia.
La poesia è Itaca, di Costantino Kavafis.
È stata la mia passione per Omero a regalarmela. Dopo aver letto e riletto l’Odissea mi aveva incuriosito la ricostruzione geografica reale del viaggio di Ulisse. Su internet si trova un’infinità di materiale sull’argomento. Un sera, dopo ore di navigazione e lettura, ho aperto un link e l’ho trovata là. Itaca.

Parla di un viaggio, ma soprattutto parla del viaggiare. 
Ai blogger di viaggio capita spesso di fermarsi a riflettere su questi temi, mettendo da parte per un momento il racconto delle destinazioni.
Proprio oggi io volevo scrivere un post così: volevo parlarvi del viaggiare, del perché preferisco i road trip, del perché dentro le città scelgo di camminare, del perché l’importante è partire.

Poi mi sono ricordata di questa poesia.
Che è una di quelle ti prego non scriviamo più niente che è tutto già detto meravigliosamente e definitivamente qui.
Perciò stavolta lascio parlare Kavafis, do ragione alla me quindicenne che copiava questa poesia con la penna blu sul quadernino.

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A Budapest c’è un pub pieno di ricordi

Uno dei traumi più grandi della mia vita è stato quando ho perso il portafoglio durante la gita della quarta superiore. Dentro c’era una vita di ricordi: biglietti dei concerti, lettere d’amore, biglietti aerei, messaggi cretini tra i banchi di scuola. Mia mamma si preoccupava per i documenti e io piangevo per il biglietto del tram di Colchester e per il quadrifoglio essicato che mi aveva regalato una persona importante.
Io mi lego molto a queste piccole cose, mi piace, dopo anni, ritrovare lo scontrino della spesa fatta al mare con gli amici per Ferragosto o la fototessera in bianco e nero scattata a Berlino quando faceva freddissimo. Mi porta immediatamente a quel momento, a quelle sensazioni, come se fossi di nuovo lì.

Qualcuno doveva pensarla come me quando a creato questo posto: a Budapest c’è un pub che è pieno di ricordi. Dei viaggiatori, degli avventori, di tutti quelli che sono passati da lì.

Budapest pub for sale bigliettini arachidi

For Sale Pub – Vamhaz Korut 2, Budapest
È un posto incredibile che vi consiglio di non perdere.
È su una delle strade principali di Budapest, Vamhaz Korut, praticamente davanti al Mercato Centrale, a Buda.
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