Fare il pendolare è senza dubbio una rottura di palle.
Stanca, anzi, sfianca.
Per non parlare dei treni: sporchi, in ritardo, sovraffollati, disorganizzati.
Ogni giorno della settimana passo circa due ore in treno, fra andata e ritorno, per andare a lavorare.
La mattina esco di casa al volo con un biscotto tra i denti e la musica nelle orecchie.
L’inverno è la stagione peggiore per i pendolari: l’aria è gelida ed è buio. Uno già si sveglia incazzato, l’idea di dover andare in stazione a prendere del freddo non è un pensiero felice.
Poi io sono anche un po’ misantropa e la stazione di mattina è una zona pericolosissima: vecchi compagni delle elementari e cugini degli amici in agguato per attaccarti la celeberrima “pezza da treno”. So che sapete di cosa sto parlando. Incontrare una persona conosciuta (non un amico, chiaro) mentre si sta salendo in treno è il male assoluto. La situazione ti costringe a far conversazione e il buon costume ti suggerisce di sederti vicino al maledetto. Dopo i primi due minuti di chiacchiere gli argomenti sono finiti e i casi sono due: o si tira fuori libro/auricolari/computer dichiarando che è il momento in cui ognuno si fa i cazzi suoi (ma, pur essendo una grande tentazione ogni volta, è molto scortese, lo sconsiglio), oppure si continua a trascinare la conversazione, arrancando ogni due minuti per mancanza di argomenti, guardando il panorama alla disperata ricerca di ispirazione, fiondandosi fuori dal vagone appena arrivati a destinazione. Io salgo sempre sperando che non ci siano posti vicini, ma neanche due nello stesso scompartimento possibilmente.
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