Vi avevo lasciati qui.
Mi ero appena pappata una torta al testo con ciauscolo salutando un omino che faceva jogging.
Lasciamo Bevagna appesantiti dalla scorpacciata e ci dirigiamo verso Montefalco.
Entrando in paese, scena tenerissima: due bimbi per gioco corrono lanciandosi a tutta velocità in discesa per la via principale di Montefalco. Arrivano in fondo, per mezzo centimetro non si stampano sul mio ginocchio, e poi cominciano a ridere come dei matti. “Lo rifacciamo??” corrono su e giù veloci come il vento mentre io arranco per raggiungere la piazza dell’ennesimo paesino in salita, con il ciauscolo che è tornato in vita e mi sta tirando indietro per i piedi.
Ecco, un appunto: l’Umbria è in salita, tutta. Prima di andarci fate un po’ di allenamento o almeno una visita al cuore. E se l’Umbria è in salita, Montefalco è proprio in verticale.
Arrivati in cima però lo spettacolo è splendido (tipica frase dello scalatore): la piazza è il punto più alto del paese, in ogni direzione si vedono i campi, i paesini attorno e le montagne, la vista è a 360°. Si possono seguire con lo sguardo tutte le vie che partono dalla piazza e si snodano lungo il paese fino ad arrivare giù a valle, perdendosi tra i campi. Davvero bello, un momento di quelli in armonia col mondo.
Tra l’altro mi ha ricordato molto Pachino, in Sicilia, dove dalla piazza, punto più alto del paese, si vede il mare.
Il momento di idillio cosmico viene interrotto da un tuono minaccioso della serie “ti consiglio di spostarti dal punto più alto di Montefalco perché se no ti bagni come un pulcino”. Riesco a fare due foto al volo e poi ci lanciamo a pesce sull’ultimo tavolino rimasto al coperto nel bar della piazza (Bar Federico II, carino, ma ci hanno trattato un po’ con sufficienza, peccato).
Appena il temporale si placa un po’ riusciamo a raggiungere la macchina e ripartiamo in direzione Spoleto.
L’albergo è in supercentro, portiamo le valigie in camera e per un po’ guardiamo la pioggia fortissima dalla finestra, al caldo, mangiandoci l’uovo di Pasqua della Kinder che ci siamo regalati. Appena smette ci copriamo bene e usciamo in una Spoleto luccicante e illuminata dal tramonto. Passeggiamo nel reticolo di strade del centro, siamo solo noi, respiriamo l’aria pulita dalla pioggia, ci riempiamo i polmoni di Umbria.
Chiediamo consiglio ad un paio di spoletini su dove cenare, “Il Tempio del Gusto” va per la maggiore (ed è anche primo su Tripadvisor, scopriamo). Per i nostri standard questo è un posto molto “in”: musica lounge, lume di candela, i camerieri ti versano il vino e ti portano i piatti coperti dal coprivivande, tutti parlano sottovoce. Noi proviamo a mimetizzarci, ma dopo un po’ che parliamo fitto fitto a me scappa da ridere fortissimo e tutti si girano, camerieri compresi. D’altra parte, come diceva il buon Tyler Durden, “Sticking feathers up your butt does not make you a chicken“. Comunque abbiamo mangiato benissimo, e non abbiamo speso tanto (40€ in due), è un posto che vi straconsiglio (magari per una serata in cui vi sentite particolarmente posh).
Stanchi morti facciamo l’ultimo giro di Spoleto by night e poi andiamo a nanna.
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