Risposta breve: è una dittatura ottusa, mi disgusta e mi spaventa pensare che sia stato eletto in maniera democratica, ma San Francisco sta difendendo i suoi ideali e mi fa scoppiare il cuore di orgoglio.
Poi c’è la risposta lunga.
Il pensiero alla base di questo post è partito da una conversazione su Whatsapp con le mie sorelle.
Una è in Israele alle prese con esami e scelte di vita, l’altra è in Romagna alle prese con i dentini nuovi del suo secondogenito (che oddio se penso a tutti questi mesi senza le sue guance morbide mi sento male).
Per fortuna che c’è Whatsapp (creato tra l’altro a pochi chilometri da qui Jan Koum, un ragazzo ucraino-ebreo scappato a 16 anni in America, con una storia che insegna molto un po’ a tutti, anche a Trump.)
“Ire come va? Non so cosa dire, tutte le volte che leggo di Trump sul giornale mi sento male per te, penso a come dev’essere viverci.”
La risposta istintiva che mi viene al pensiero di Trump è: “Sembra di essere nel Medio Evo. O prima della Seconda Guerra Mondiale. È spaventoso.”
Poi però c’è un altro pezzo di risposta, una risposta che non vale per tutti gli Stati Uniti, ma vale per la Silicon Valley, per San Francisco. La mia risposta: “Trump mi fa una paura incredibile, però mai come adesso sono stata orgogliosa di San Francisco che si sta battendo contro Trump con le unghie e con i denti.”
Ho risposto così.
Perché mai come ora mi sono sentita così estranea agli Stati Uniti, ma così a casa a San Francisco.
Nelle ultime due settimane San Francisco ha manifestato davanti all’aeroporto, offrendo assistenza legale gratuita a coloro che sono stati bloccati alla frontiera dall’assurdo immigration ban di Trump.
Tra i manifestanti c’era Sergey Brin, il fondatore di Google:
“I’m here because I’m a refugee.”
Google cofounder Sergey Brin at SFO protest: "I'm here because I'm a refugee." (Photo from Matt Kang/Forbes) pic.twitter.com/GwhsSwDPLT
— Ryan Mac (@RMac18) January 29, 2017
Il Police Department di San Francisco ha dichiarato che non collaborerà con i Federali per l’attuazione dell’immigration ban di Trump. In particolare:
“San Francisco police officers and sheriff’s deputies will not follow President Trump’s executive orders on immigration and arrest residents living in the city without proper documentation, Mayor Ed Lee, Police Chief William Scott and Sheriff Vicki Hennessy wrote in a letter to the Department of Homeland Security on Monday.”
Non è poesia?
Il sindaco, il capo della polizia e la sceriffa (si dice?) che si espongono in prima persona in opposizione al Presidente degli Stati Uniti (!!!) per difendere i propri cittadini e la diversità che ha reso San Francisco la città che è oggi.
A me sono venuti i brividi.
Poi ancora: il sindaco Ed Lee (sempre lui, un grande) che fa un discorso pubblico alla città in cui dichiara che proteggerà tutti i cittadini, che difenderà tutti, che manterrà San Francisco una sanctuary city nonostante Trump voglia tagliarne i fondi federali (città “a statuto speciale” diciamo, dove la polizia locale coopera solo in caso di estrema necessità con i federali, più informazioni sul link alla riga sopra):
“I am here today to say we are still a sanctuary city. We stand by our sanctuary city because we want everybody to feel safe and utilize the services they deserve, including education and health care. It is my obligation to keep our city united, keep it strong. Crime doesn’t know documentation. Disease doesn’t know documentation.“
E poi la ciliegina sulla torta, che tutti i cittadini di San Francisco e della Silicon Valley stavano aspettando.
Due giorni fa oltre cento tech companies tra le più grandi e potenti degli Stati Uniti (per la maggior parte basate nel raggio di 30km da San Francisco) hanno depositato al tribunale di San Francisco un’opposizione formale all’immigration ban di Trump.
Tra le aziende firmatarie ci sono Facebook, Google, Airbnb, Apple, LinkedIn, Twitter, Dropbox, eBay, GoPro, Intel, Mozilla, Netflix, Pinterest.
Vi rendete conto della dimensione della rivoluzione che sta facendo la Silicon Valley contro Trump?
Alcuni passaggi dal documento depositato:
“Trump’s orders represent a significant departure from the principles of fairness and predictability that have governed the immigration system of the United States for more than fifty years.”
“Immigrants are leading entrepreneurs. Some of these businesses are large. Immigrants or their children founded more than 200 of the companies on the Fortune 500 list… Collectively, these companies generate annual revenue of $4.2 trillion, and employ millions of Americans.”
Certo, c’è anche la parte pratica:
“The Order makes it more difficult and expensive for U.S. companies to recruit, hire, and retain some of the world’s best employees. It disrupts ongoing business operations. And it threatens companies’ ability to attract talent, business, and investment to the United States.”
Tutto questo per dirvi che io non mi sono mai sentita particolarmente americana, qui ci sto benissimo sia a livello lavorativo che personale e in questo momento il mio posto è qui, ma il mio cuore è in Italia.
Però mai come in questo momento storico mi sono sentita orgogliosa di aver scelto San Francisco come mia casa.
Qui ce n’è pochissima dell’America di Trump (San Francisco ha votato all’85,3% Hillary).
Qui c’è tutto il mondo, a prescindere dai muri e dagli ordini esecutivi di Trump.
In Silicon Valley il 50% dei lavoratori è straniero, il 75% dei profili tech è nato al di fuori dei confini americani, il 45% degli abitanti a casa parla una lingua diversa dall’inglese (in tutto si parlano oltre 60 lingue), il 45% dei fondatori di startup è straniero.
Quindi com’è vivere a San Francisco ai tempi di Donald Trump?
È come assistere alla storia mentre la stanno scrivendo.
È spaventoso da una parte, perché il pericolo è grande, imminente, e si sta ingrandendo a velocità esponenziale.
È potente dall’altra, perché si assiste alla rivolta di un popolo. Una rivolta organizzata e giusta, che chiede delle risposte e lo fa in maniera coraggiosa e chiara (non pressapochista e ottusa come molte delle proteste e manifestazioni che siamo abituati a vedere sbadigliando in Italia).
Come andrà a finire lo scopriremo nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Incrociamo le dita perché se va male, va male per tutto il mondo, non solo per gli Stati Uniti.
Certo è che, per quanto San Francisco sia un’isola felice, Trump dagli americani è stato eletto in maniera democratica.
Sicuramente non è la maggioranza degli americani che ha eletto il presidente, i conti sul voto popolare sono chiari in tale senso. Un sistema elettorale un po’ contorto e probabilmente non più adatto alla demografia attuale degli USA ha sancito la vittoria di Mr. Trump.
D’altra parte il tuo post mette in chiaro anche una verità che molti ignorano: gli USA sono estremamente vari e diversi mentre noi europei molto spesso siamo portati a credere che siano un unico blocco omogeneo di persone. Niente di più falso, ed infatti la reazione della città di SF, nelle persone comuni ed in quella delle più alte autorità lo dimostra.
La grandezza degli USA risiede proprio in questa enorme diversità.
In ogni caso, la tua ultima frase non è che sia di conforto più di tanto: alcuni dei peggiori governanti della storia del secolo scorso sono stati eletti in modo perfettamente democratico.
—Alex
Sì il sistema elettorale è ridicolo attualmente, ma tant’è, funziona così e si sapeva.
Gli USA sono ridicolmente vari e diversi dal punto di vista politico. Basta guardare le percentuali di voto per la Clinton delle grandi città: Washington l’ha votata al 93% (!!! neanche il sindaco cugino di tutti in un paesino di 100 abitanti riesce a prendere una percentuale così “bulgara”), Manhattan all’87%, Boston 82%, Philadelphia 82%, Chicago 74%, Seattle 72%, Los Angeles 71%, persino a Austin (in Texas!!) l’hanno votata al 66%! Trump ha vinto nelle campagne, ma quella è l’America più “bigotta”, più ottusa, fatta di persone spaventate dall’innovazione e dal futuro. Dai un’occhiata qui che ti diverti: http://www.cnn.com/election/results (cliccando sugli stati ci sono i risultati collegio per collegio).
E comunque mi sa che aveva ragione il buon vecchio Frank Underwood: https://media.tenor.co/images/722d52f252917c1b8d70a0fc2ea17e1d/raw
Il tuo post è bellissimo e ti ringrazio per avermi portato a conoscenza di tutte le iniziative che hai documentato. C’è ancora speranza, infondo: teniamocela stretta!
C’è speranza, però vista da dentro fa comunque tanta paura.
trump sfugge al nostro controllo, alla razionalità delle nostre interpretazioni. trump è quello che non prendiamo sul serio quando dice “torture? absolutely I feel it works”, e sbagliamo; trump è per gli US l’equivalente di quello che è stato mr B per l’italia, colui che non avremmo mai pensato che potesse fare tutto quel che ha fatto compiendo il miracolo di far stupire ogni volta – e di essere appoggiato per un ventennio.
ritengo che uno tra gli articoli più illuminanti sulla vittoria di trump lo scrisse michael moore. il fatto è che lo scrisse sei mesi prima della sua vittoria, e questo è preoccupante… ha reso bene l’idea giulio cavalli nel titolo del suo post: http://www.giuliocavalli.net/2016/11/09/se-semplicemente-non-ci-avessimo-capito-cazzo/
detto ciò, è davvero bella ed interessante la prospettiva che offri di “san francisco resistente”!
Io credo che Trump sia proprio pericoloso, ma molto molto più di Berlusconi (che fondamentalmente era un delinquente, ma essendo “solo” Presidente del Consiglio italiano non ha potuto devastare gli equilibri mondiali).
Questo è l’elenco degli ordini esecutivi che ha firmato dall’inizio del suo mandato, per ora sono 21, uno al giorno: https://www.pastemagazine.com/articles/2017/01/trump-tracker-executive-orders-issued-by-the-presi.html
A me fa schiantare dalla paura davvero.
Domani sarò di nuovo dall’altra parte dello stagno, e non vedo l’ora di vedere che aria (sigh) si respira…
Oggi è riuscito a far imbestialire perfino i Sioux.
(lascia perdere il precedente commento, era scritto con l’account di un amico)
Sempre peggio guarda 🙁
Ed infatti, da Washington Square (adozioni) in poi, fino ad arrivare al corteo a Chicago durante il President’s day, passando per i fact check della CNN, ho respirato un’aria, per così dire, particolare. Un’America mai vista così in fermento.
…e adesso c’è “A Day Without A Woman”! http://www.vox.com/identities/2017/3/3/14721468/international-womens-day-strike-a-day-without-a-woman-march-8
Sono d’accordo con te, mi scoppia il cuore di orgoglio a vedere le tante iniziative -pacifiche ma efficaci ed utili- che alcuni americani stanno prendendo per contrastare Trump. Probabilmente tra pochi mesi mi trasferirò anche io lì, e leggere queste notizie mi fa sperare che ci sia ancora un futuro brillante per chiunque abbia voglia di fare, in America.
Dai ma che bello! Dove ti trasferirai di preciso? Anche tu in California?
Yes! Però a LA, che sarà (ancora) un altro mondo 🙂
Sì, tutta un’altra cosa! 🙂
Puo piacere o non piacere “il biondo che fa girare il mondo” e, soprattutto, le sue idee. Ci sta. Ma In democrazia è cosi: vince chi ha più voti. Tra l altro la maggioranza delle donne lo hanno votato, ci sara un perche..E chi perde si adegua: la prossima volta proporrà idee migliori e, soprattutto! , un candidato piu adeguato, visto che l attuale non ha capito che l aria che tira è cambiata mica poco, non è più quella di ricevimenti sfarzosi alla casa bianca (e mille altri privilegi) di cui, forse, l ex inquilina sente la mancanza e di cui l americano medio non ne può più.
Per saper navigare occorre conoscere il vento..
Eh già. Direi che è abbastanza in linea con la realtà quello che dici…
un viaggio troppo lungo! preferisco rimanere in europa e fare le vacanze in hotel benessere
Eh capisco, a ognuno il suo 🙂