Dispacci da San Francisco #8: la strada è la casa di troppe persone

Non è tutto oro quello che luccica.
Non è tutto bellissimo a San Francisco.

Viverci è un’esperienza che mi sta dando tantissimo, ma c’è qualcosa che mi lascia perplessa.

Come vi dicevo qui quando mi chiedono “Allora come si vive a San Francisco?” inizio a pensare a tutte le meraviglie che questa città mi sta regalando.

Poi però avanza un’ombra, un velo, che dà un retrogusto amaro a tutta questa bellezza.

A San Francisco troppa gente vive – e muore – per la strada.

Give me your tired your poor Your huddled masses yearning to breathe free The wretched refuse of your teeming shore

Questa è la terra delle opportunità.
Per chi è ricco, fortunato, coraggioso.

Per chi è povero, sfortunato, arreso, questa terra diventa una palude.
Ti risucchia finché non ci muori.

In particolare se sei sfortunato abbastanza da perdere il lavoro.
O da ammalarti seriamente, senza che l’assicurazione copra le tue spese.

Per le strade di San Francisco, nel Financial District dove girano milioni di dollari ogni giorno, dove le persone (me compresa!) camminano con almeno un iPhone a testa e vestiti costosi, ci sono persone agli angoli delle strade che muoiono.

Non per dire. Sul serio.

E ce ne sono tantissime, in ogni angolo.
Chi dorme su un cartone, chi ha un carrettino pieno di oggetti raccolti dalla strada che sono diventati un tesoro prezioso, chi chiede aiuto, chi ha perso la speranza.
Chi ha fame, chi ha freddo, chi è solo.

Qualcuno è arrabbiato, qualcuno è impazzito, qualcuno beve troppo, tantissimi sono molto malati, tutti sono disperati.

San Francisco al tramonto

Ho visto un uomo accasciato in un angolo con i macchinari per la dialisi attaccati al suo corpo.

Ho visto un signore anziano che ha raccolto da per terra un pezzo di biscotto caduto al ragazzo davanti a me, e se l’è mangiato.

Ho visto una donnina piccina piccina cinese frugare dentro un bidone in pieno centro a San Francisco per cercare qualcosa da mangiare.

Ho visto signori con la faccia pulita, ma piena di dolore, vivere per la strada. Signori con la faccia di mio babbo, per dire. Senza segni di alcol, droghe o vite pericolose. Signori che probabilmente sono stati molto sfortunati.

Ho visto persone senza più una dignità, persone annullate, abbandonate.

be praised my lord for sister moon and the stars

In America si può essere licenziati da un giorno all’altro, senza motivo.
A San Francisco gli affitti per una camera partono da 1500$ al mese, per un monolocale da 2500$.
L’assicurazione sanitaria la paga il datore di lavoro, altrimenti, per chi non ha un lavoro, costa centinaia di dollari al mese.

Immaginatevi quindi di perdere il lavoro a San Francisco.
Vi serve un bel gruzzoletto di risparmi per sopravvivere.
Altrimenti diventa difficile pagare un affitto così alto. E diventa difficile trovare i soldi per pagare l’assicurazione sanitaria.
Quindi tante persone finiscono a vivere per strada, senza assicurazione.

be praised my lord for sister moon and the stars

È crudele una società così.
Non ti senti protetto, sicuro.

In Italia ci sono meno opportunità, ma c’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti senza chiedere nulla in cambio: dai servizi sociali agli ospedali, dalla Caritas alle associazioni di volontariato.
In Romagna se frughi in un bidone per cercare da mangiare c’è sicuramente qualcuno che ti viene a chiedere se va tutto bene.

Non che da noi non ci siano situazioni difficili, anzi, ma è più difficile cadere così in basso ed è più facile rialzarsi anche solo di un gradino. È più difficile morire in strada, magari per colpa di una malattia non curata.
Poi la scalata da homeless a milionario in Italia non la fai – a San Francisco tutto può succedere.
Ma anche a rovescio: la scalata da milionario a homeless a San Francisco può succedere, se hai sfortuna.
In Italia devi proprio volerlo perché tra Stato, associazioni e sistema sociale, hai sempre una rete sotto al sedere.
Una rete che è sempre più lasca, ma che se non altro ti tiene in vita (negli Stati Uniti questa non è una garanzia).

Ed è una rete fatta di giustizia sociale, di garanzia del servizio, di carità, di aiuto al prossimo, di assistenza statale.
Poi è ovvio che ci si lamenta e che ci sono cose che potrebbero funzionare meglio: il cittadino chiede sempre di più, e ci sta.
Però bisognerebbe essere consapevoli della qualità della vita che abbiamo.

San Francisco, North Beach

In Italia se stai male qualcuno di cura. E spesso al costo di una stretta di mano (mi ricordo questo post meraviglioso di Stefano Aurighi: Mia moglie illesa dopo un ictus. Modena, quando la sanità funziona davvero).
Negli Stati Uniti se stai male ti conviene essere ricco o con un lavoro. Andare al pronto soccorso costa migliaia di dollari, chiamare l’ambulanza pure (se non sei in fin di vita ti chiedono il numero della carta di credito).

Quanto può essere una tragedia ammalarsi e non avere i soldi per permettersi le cure?
Ci pensate a che lusso è il nostro sistema sanitario di cui tanto ci lamentiamo?
Che rete di salvataggio è la certezza della cura?
Sapere che se hai un’emergenza qualcuno ti aiuta?

Poi ci sono tasse alte, tempi di attesa lunghi, ospedali da sistemare.
Ma tutto è migliorabile e perfettibile.
Io non farei cambio tra la situazione italiana e quella americana. Mai.

In Italia io mi sento protetta, negli Stati Uniti la situazione è più “ognuno per sé”.
La mobilità è enorme: le opportunità di salire in alto sono ottime, quelle di cadere in basso pure.

Cable car di San Francisco

Io a San Francisco sono molto felice, ma questa impostazione di fondo della società mi spaventa.
Non mi sentirei tranquilla a crescere dei figli a San Francisco. In Italia sì.
Poi da grandi viaggeranno e saranno cittadini del mondo.

Ma l’impostazione sociale di fondo che c’è in Italia è una ricchezza inestimabile.

33 thoughts on “Dispacci da San Francisco #8: la strada è la casa di troppe persone

    • È così. Però davvero dobbiamo renderci conto di che qualità della vita abbiamo qui, perché nonostante tutto è alta, per tutti, non solo per i ricchi.

  1. Tu hai sempre questa incredibile capacità di arrivare al cuore delle persone, sia che racconti di quanto sia bella la vita a San Francisco, sia che racconti di problemi gravi e reali.
    Riflessione profonda, ma con un linguaggio semplice, che arriva a tutti. E ci obbliga a fermarci un attimo e ricordarci che alla fine, l’Italia non è poi così male….

    • L’Italia non è male per niente, poi ci sono altri problemi (come ad esempio la Giustizia così paludosa, cosa che in America invece è molto più efficiente), però qui se stai male qualcuno ti cura.
      Ti immagini vivere in un posto che non te lo garantisce? Per me è un dramma vero.

  2. Sento tantissime volte gente che pensa che l’America sia un posto perfetto, compreso il mio ragazzo che ora è a Los Angeles.. Beh io non ci ho mai creduto, non penso esista un mondo perfetto, tanto meno in un luogo che ritengo “finto” e costruito.. E’ toccante questo post, brava!

    • L’America ha tante cose bellissime e tante contraddizioni. Per un’esperienza di vita come quella che sto facendo mi piace, a lungo termine invece mi spaventa, preferisco un posto più equilibrato.

  3. Viaggiare o vivere per un periodo in altri posti del mondo fa capire tante cose. Se non riesci a vedere l’altra faccia della medaglia è in vano, è un girare senza senso. Tante volte dobbiamo andare lontano per renderci conto delle cose buone che avevamo a casa e delle quali magari ci lamentavamo. Brava per aver descritto ciò che hai notato durante il tuo soggiorno americano da una prospettiva diversa.

    • Grazie Ami! Poi credo che ognuno la viva in modo diverso. A me fa proprio soffrire vedere le persone trascinare la propria vita agli angoli delle strade. Molte persone con cui ho parlato reagiscono diversamente, magari con un “sicuramente se la sono cercata”. Io non so quali scelte o sfortune possano portare a una vita così. Ma so che lo Stato deve esserci, finché una persona è disposta a tutto pur di essere aiutata.

    • Eh sì. Poi credo che ci siano tante persone arrabbiate con l’Italia perché non gli è stato riconosciuto il loro valore e sono dovuti emigrare all’estero. Ma stiamo comunque parlando di livelli alti, non di sopravvivenza. In America, culla di innovazione, ricerca, ricchezza, la gente muore per le strade perché non ha i soldi per le medicine. Follia.

  4. Cara Irene, sempre ricchi di spunti interessanti i tuoi post. Vorrei aggiungere una cosa al tema della sanità, riguarda la maternità (un tema che sento molto vicino perché sono diventata mamma da poco). Ho scoperto di recente che negli USA il congedo di maternità riconosciuto è 15gg dopo il parto. Questa cosa mi ha sconvolto, perché un Paese all’avanguardia su tanti temi ancora non riconosce l’enorme valore della crescita e dell’educazione dei cuccioli. Dividere una mamma dal figlio così presto mi sembra una crudeltà e assurdità inaudita, oltre al fatto che mi chiedo come ci si possa concentrare sul lavoro in una condizione come quella del postparto, tra ormoni impazziti e fisico che si riprende dal parto.
    Prima di criticare il nostro paese, che certamente ha tanto in cui migliorare, dobbiamo anche guardare a quanti diritti fondamentali da noi sono tutelati e difesi, come quello di stare a casa qualche tempo quando avviene una cosa importante – e sconvolgente – come diventare genitori.

    • Grazie Alessandra! C’è da dire che negli USA il discorso ferie/congedi è visto in maniera diversa: è un “regalo” che l’azienda fa al lavoratore. Ti regalo 15 giorni di non-lavoro pagato.
      Anche le ferie sono pochissime: di base sono 9 giorni all’anno.
      Poi però è molto più normale prendersi dei giorni di vacanza non pagati (la nostra “aspettativa”) anche più volte all’anno.
      Ho amici americani che ogni anno prendono un mese di unpaid holidays per viaggiare.
      Non lo condivido, noi in Italia siamo molto più fortunati (io tra ferie e permessi ho 35 giorni all’anno!), però è proprio un sistema diverso.
      Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, ha fatto mega scalpore la settimana scorsa quando ha dichiarato che per la nascita di sua figlia prenderà due mesi di paternità (e li concederà in futuro anche a tutti i lavoratori di Facebook). Piano piano le buone pratiche si diffondono 🙂

    • È così, e sono contenta di poterne parlare qui a così tante persone. Quest’esperienza mi ha davvero aperto gli occhi su un sacco di cose, viaggiare cambia la vita nei modi più inaspettati 🙂

  5. Sì, la cosa che sconvolge di più degli americani (presi come media e non come singoli) è che molti, anche persone di tendenza “liberal”, sono davvero convinti che una persona che si ritrova senza lavoro o senza casa, se la sia cercata e non considerano nemmeno la possibilità che questi sia semplicemente vittima di circostanze sfortunate.

    E’ ovvio che non sia sempre solo colpa della sfortuna ma da qui a disprezzare tout court i poveri perché “perdenti” o “scansafatiche” è un passo enorme.

    Credo dipenda dall’educazione che ricevono; sempre improntata alla competizione e tendente al concetto di “sogno americano: le lo puoi pensare lo puoi fare”, cosa che purtroppo non è sempre vera; sì, gli USA (e la silicon valley in particolare) sono veramente la terra delle opportunità ma come giustamente nota Irene, basta un piccolo inciampo, una malattia, un divorzio “cattivo” o un incidente, per sbatterti per terra senza più la possibilità di rialzarti.

    Dura fare una scelta tra il sistema “all’italiana” e quello “all’americana”… Bisognerebbe prendere il meglio dei due mondi e forse il viaggiare, abitare e lavorare in giro per il mondo sarà il mezzo per raggiungere questo sogno.

    —Alex

    • Sì, questa cosa americana che se sei in una situazione disperata allora vuol dire che “te la sei cercata” è veramente impietosa. Eppure negli States è diffusissima, anche se cercano di mascherarla.
      Io se dovessi scegliere tra il sistema italiano e americano sceglierei quello italiano perché rispetta di più l’umanità delle persone. Dall’altra parte il top è come dici tu: il mix virtuoso dei due mondi e l’importazione delle buone pratiche.
      Io sarò un po’ ingenua, ma ci credo 🙂

  6. Grazie Irene per questo post. Sono d’accordissimo sulla comparazione tra i due sistemi sanitari e sull’idea che quello americano sia nettamente classista. Il rischio anche in Italia che le persone più povere vengano sempre più lasciate ai margini è reale. Se non ci fosse l’associazionismo, il mondo del volontariato, il terzo settore credo che in questo momento la situazione (anche a causa dell’acuirsi della crisi economica dopo il 2007) potrebbe essere in piccolo drammatica come negli USA. Ma lì in America il privato sociale non è riuscito ad organizzarsi per rispondere all’emergenza degli homeless in qualche modo? Un abbraccio.

  7. Ogni tanto passo volentieri di qua, non sapendo di quale angolo della terra ci racconterai, ma con la certezza che la qualità delle tue parole sarà eccellente. Riesci a mettere una specie di webcam sulle tue emozioni e sul mondo… Ad alta definizione e con un obiettivo molto sensibile… Che meraviglia!!! Nel merito, arrivare in un pronto soccorso dolorante o peggio ed essere accompagnato alla uscita solo perché senza carta di c re dito lo considero una barbarie, specie in un paese con elevati standard di vita (e risorse). Forse è proprio nei momenti di difficoltà che si riconoscono gli Stati, come del resto gli amici…

    Quando tutto va bene, va bene tutto…

    • Che bello sapere di essere un “porto sicuro” 🙂
      Per il discorso del servizio sanitario è proprio come dici tu, è una barbarie, e la gente muore. Si potrà? Ci sono degli eccessi negli Stati Uniti che mi spaventano molto. Non è un paese per vecchi, o per famiglie, o per poveri o per sfortunati o ammalati o deboli o neri o diversi. Quindi neanche per me.

  8. Ciao Irene, ho trovato molto interessante e veritiera la tua riflessione, attualmente mi trovo per lavoro negli USA, a Chicago e concordo con te nell’affermare che, nonostante la mancanza di opportunità, l’Italia è un paese molto umano dal punto di vista dell’assistenzialismo..

    • Ciao Federica, grazie di questo commento, davvero interessante sentire il tuo punto di vista da Chicago. A me questa situazione rattrista molto, ma gli americani sembrano non farci più di tanto caso purtroppo.

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