Primi giorni a San Francisco, primi passi in una vita nuova.
Prime esperienze, prime volte, emozioni inaspettate (nel bene e nel male), una Irene-numero-due con gli occhi pieni di curiosità.
Tutte queste cose nel secondo post dei miei Dispacci da San Francisco, a due settimane dal mio arrivo quaggiù.
Ah no, un’altra cosa: la prima sera qui mi sono chiusa fuori dalla mia camera in accappatoio.
Not bad.
Svegliarsi da soli in una città nuova
Dopo un viaggio lunghissimo e tanto stancante, due domeniche fa mi sono svegliata da sola in un letto nuovo, in una casa nuova, in una città nuova.
Era domenica mattina, avevo appena dormito 12 ore e quasi annullato il fuso orario.
Fuori c’era il sole, era una bella giornata.
E io ero completamente da sola in una città sconosciuta a 10mila chilometri da tutte le persone che amo nel mondo.
Dopo aver lottato tanto per arrivare qui, è stata una sensazione spiazzante: non me l’aspettavo.
Pensavo di trovarmi ubriaca di felicità e basta. Invece avevo questo strano mix di emozioni nello stomaco.
Non ero mai stata completamente da sola nella mia vita prima.
Completamente nel senso che nessuno – nessuno – sa che esisti.
Non avevo nessuno con cui parlare, nessuno che mi aspettasse da qualche parte, nessuno a cui raccontare la mia giornata.
Tutta la mia vita era a migliaia di chilometri e a nove ore di fuso orario.
Ero spiazzata.
Mi sono alzata dal letto, ho fatto una doccia, mi sono vestita e sono uscita a esplorare San Francisco.
E avevo nella pancia una serie di sensazioni contrastanti.
La felicità estrema per avercela fatta.
La solitudine per non aver nessuno con cui condividere questa gioia.
L’emozione di essere in una delle città che amo di più al mondo.
La paura di non riuscire a sentirmi a casa.
La curiosità per questa nuova vita.
La sensazione di non essere né carne, né pesce, né da una parte, né dall’altra, a metà.
Come incastrata in un limbo di vita inaspettato.
In transizione.
Da una vita conosciuta e scelta in ogni dettaglio a una vita sconosciuta e temporanea.
Casa temporanea, lavoro temporaneo (nel senso che non so fino a quanto potrò restare), tutto dentro una valigia.
I primi giorni sono stati tosti.
L’angoscia dell’ignoto era sicuramente la sensazione sovrastante, mentre io mi aspettavo solo una gioia incontenibile.
Poi qualcosa è cambiato – e sta cambiando tuttora.
È un processo lento, che non avendo mai provato non potevo conoscere.
Ho iniziato a conoscere delle persone, ho trovato un ufficio (l’azienda per cui lavoro non ha sede fisica qua e ho optato per un coworking), ho imparato ad orientarmi per le strade di San Francisco, ho trovato una casina tutta per me (in cui mi trasferirò il 19 ottobre – non vedo l’ora).
Ho smesso di trattenere il respiro, e lentamente, l’aria ha ricominciato a fluire.
Comincio a sentirmi a casa, ed è una sensazione bellissima.
Mi sono chiusa fuori dalla stanza in accappatoio
Giuro.
La prima sera.
Una scena fantozziana.
Non conoscevo ancora nessuno qui a casa.
Anzi avevo fatto anche un’entrata abbastanza scortese: sono arrivata, tutti erano in salotto a bere un bicchiere di vino, ho detto “Ciao a tutti, mi chiamo Irene, sono italiana, starò qui un mese mentre cerco casa, ho appena avuto un viaggio assurdo di millanta ore Bologna-Istanbul-San Francisco, no non bevo con voi, faccio una doccia e vado a letto, ciao”.
Sono andata in camera, mi sono spogliata, ho indossato l’accappatoio, ho preso su shampo-bagnoschiuma-varie e sono andata in bagno a fare la doccia.
Senza chiavi della camera e senza cellulare.
Non mi è neanche venuto in mente.
Ho fatto la mia bella doccia – trallallero trallallà – e con l’accappatoio e l’asciugamano intorno alla testa sono andata verso la mia camera.
Ho messo la mano sulla maniglia e l’ho trovata stranamente dura.
Stoc.
La maniglia non gira.
È bloccata.
No, dai riprovo, mi sarò sbagliata. Stoc.
Forse devo girare dall’altra parte. Stoc.
Stoc.
Stoc.
Stoc-stoc-stoc-stoc-stoc-stoc.
Mi sono aggrappata alla maniglia della porta come una pazza sgocciolando dappertutto.
Apritiportamaledetta! Daiiiii!
Niente da fare.
Ho praticamente scardinato la porta senza nessun risultato utile.
Mi sono chiusa fuori.
In accappatoio.
Bagnata fradicia.
Chiavi e cellulare dentro la camera ovviamente.
Cosa faccio?
Sono tornata in bagno.
Mi sono chiusa dentro.
Non ha senso questa cosa.
Perché sono tornata in bagno?
Sono uscita fuori di nuovo.
Sono tornata davanti alla porta.
“Ti puoi aprire per piacere?” – giuro che l’ho detto ad alta voce.
La porta, incurante della mia figura di merda imminente, non si è aperta.
Va bene, vado a chiedere aiuto.
Mi sono diretta verso il salotto, dove tutti stavano amabilmente conversando e sorseggiando vino rosso in calici enormi.
Sgocciolando e lasciando impronte di ciabatte bagnate in tutta casa.
“Hi guys” – questi vedendomi in accappatoio bagnata come un pulcino hanno sbarrato gli occhi che fra un po’ gli uscivano dal cranio – “mi sono chiusa fuori dalla camera, non so bene come, eheh! Funny, isn’t it?”
“Ahhhhh! Ma succede sempre!”
COSA VUOL DIRE SUCCEDE SEMPRE?!
Pare che queste porte abbiano una particolare funzione – a me, e a qualunque altro europeo, sconosciuta – per cui quando le apri da dentro non ti accorgi che la serratura è ancora bloccata e quindi te le chiudi alle spalle ignaro della fregatura.
Insomma, succede ogni volta che arriva un nuovo inquilino, basta chiamare il proprietario che ha le copie e può aprire.
Venti minuti – e un sacco di parolacce dopo – sono riuscita a rientrare nella mia camera, dalla quale sono riemersa 12 ore dopo ancora imbarazzata.
Un ottimo benvenuto in California.
Le nuove vite sono piene di prime volte
La prima volta che assaggio un burrito.
Ed è buonissimo, un piacere della vita che non sapevo nemmeno esistesse.
Il primo burrito della mia vita è quello del Señor Sisig, un food truck di cibo filippino fusion: guacamole mescolato a patatine fritte, a pomodori, riso, fagioli, di tutto!
Ci sono andata mercoledì per pranzo. E ci sono tornata giovedì.
La prima volta che vado a una partita di baseball.
Che era San Francisco Giants contro Los Angeles Dodgers, praticamente un derby.
I Giants hanno vinto dopo 12 innings, 3 a 2, tiratissima.
Abbiamo tifato, urlato, applaudito, ballato, ci siamo congelati e abbiamo riso tantissimo.
La prima volta che sono stata completamente da sola nella mia vita.
Ve l’ho già detto prima: spiazzata.
Ma quel che non uccide, fortifica.
Avanti tutta.
La prima volta che lavoro da un coworking.
E mi diverto tantissimo.
Fanno una confusione bestiale, ma è un ambiente tanto ospitale.
Però fa strano non avere più un punto di riferimento come il mio ufficio: non avere più la quotidianità delle chiacchiere con le mie colleghe, le fughe al giapponese per pranzo, la sensazione di essere parte di un gruppo, di supportarsi e sopportarsi a vicenda.
La prima volta che cerco casa.
Trovandone di tutti i colori.
Dallo scantinato putrido all’attico super lusso al 14° piano.
L’unica cosa che hanno tutte in comune è il costo ridicolmente spropositato rispetto a quello a cui siamo abituati in Italia: un affitto mensile per un monolocale a San Francisco va dai 2200$ (per una cosa pessima o lontanissima dal centro) ai 2700-3000 (per una cosa normale) fino poi alle stelle per una cosa più lussuosa. E stiamo parlando di monolocali, eh.
(Comunque la buona notizia è che ho trovato casa, YAY!, ma questo merita un post a parte.)
Con tutte queste prime volte mi sento una bimba, una tela bianca, mi sento alla continua scoperta di un mondo bellissimo che io ancora non avevo incontrato.
Guardo ogni nuova esperienza (come anche solo prendere il cable car) con lo stupore di un esploratore e sono felice di esserne ancora capace.
Vivere due vite
Non avevo mai avuto due vite, ma credo che capiti a tutti quelli che – per un motivo o per l’altro – vivono a cavallo tra due città.
Ero sempre stata un pezzo unico, un’Irene tutta intera.
Una vita, un binario, una casa: tutti i pezzi della mia vita erano collegati l’uno all’altro e tutti coerenti, potevano stare tutti nella stessa scatola.
Quando sono partita è stato come se un pezzo di me si fosse staccato e un’altra Irene, uguale all’originale, fosse nata.
Uguale, ma diversa: con una vita diversa, degli amici diversi, un posto diverso da chiamare casa.
Un’Irene-numero-due nata nel momento in cui ho preso l’aereo, lasciando in Italia l’Irene-numero-uno, in stand-by.
Le persone che conosco qui appartengono all’Irene-numero-due, sanno pochissimo dell’Irene-numero-uno in Italia: non sanno di che colore è il mio divano, non sanno quanto sono ricci i capelli di mia mamma, non si ricordano che faccia avevo quand’ero piccina.
Sanno solo quello che gli racconto io.
Le persone che sono in Italia appartengono all’Irene-numero-uno, sanno pochissimo dell’Irene-numero-due a San Francisco: non sanno quanto è gentile Kyle, non sanno quanto mi somiglia Carley, quanto è buono il California Burrito del Senor Sisig, quanto è accogliente il coworking che ho scelto.
Sanno solo quello che gli racconto io.
Ovviamente l’Irene-numero-uno e l’Irene-numero-due sono sempre io e tutto questo dentro di me si intreccia e si sovrappone. Ma fuori no, fuori queste due vite stanno in due scatole diverse: due case diverse, due uffici diversi, amici diversi, vite diverse.
Ora sto vivendo la vita dell’Irene-numero-due e ho messo in pausa quella dell’Irene-numero-uno.
A dicembre quando tornerò in Italia metterò in pausa l’Irene-numero-due: saluterò tutti i ragazzi del coworking, abbraccerò forte Carley, mangerò l’ultimo piatto di Eggs Benedict da Stacks, chiuderò per bene casa e tornerò nei panni dell’Irene-numero-uno.
Per poi ritornare nei panni dell’Irene-numero-due una volta tornata di nuovo a San Francisco.
Un bel casino. Un casino felice e super pieno di regali che la vita mi sta facendo, ma un mega casino comunque.
Queste due vite sono una meraviglia e una condanna contemporaneamente.
Una meraviglia perché raddoppiano le amicizie, le gioie, le radici, le risate, i ricordi. È una vita al 200%, è una vita che sono due.
Però il mio tempo rimane lo stesso quindi sono condannata a vivere tutto a metà. Per godermi una metà devo rinunciare – per un po’ – all’altra.
Che vuol dire non poter far colazione con mia mamma e mia sorella ogni mattina.
Che vuol dire non poter passare le serate a cena col babbo sul terrazzo.
Perdermi la nascita della Bianca, perdermi l’addio al nubilato della Livia, perdermi mia sorella che finalmente è tornata a vivere in Italia (10 giorni prima della mia partenza).
Per vivere il doppio mi perdo sempre una metà.
♥
♥♥♥
Sicuramente adesso, leggendo questo mio commento penserai che sia un presuntuoso, uno di quelli che pretende di avere sempre la verità in tasca…
Credimi però che non lo faccio con cattiveria, eh? 😉
Leggendoti ho avuto la sensazione che non siano solo le 9 ore di fuso oppure la mancanza fisica degli amici o dei colleghi italiani a segnare la differenza tra le due Irene.
In fondo stai svolgendo lo stesso lavoro, immagino che userai Skype con la famiglia ed i colleghi. Ci sono Facebook, Whatsapp ed il resto.
Ho avuto la sensazione che ci sia di più, che tu abbia volutamente dare un taglio alla tua vita e che tu voglia, coscientemente, usare questa esperienza come uno spartiacque, un nuovo inizio e non solo un “semplice” passo avanti, un’evoluzione dell’Irene.
Ovviamente non sei obbligata a spiegare nulla a noi semplici spettatori; però mi fa piacere leggerti così piena di entusiasmo (mi stupirei del contrario!) e ti auguro di rimanere sempre così!
In bocca al lupo!
—Alex
PS = poi magari ti parlerò di come anche io soffra particolarmente la mancanza della possibilità di condividere le nuove esperienze con qualcuno e di come questa sia la cosa che mi frena, tantissimo, nella scelta dei miei viaggi. Odio farli da solo e la maggior parte delle volte ci rinuncio proprio perché non trovo la compagnia “giusta”…
Ahah! Ma va là, il senso dei commenti è proprio questo!
Sai che non so se essere d’accordo con quello che scrivi o no? Semplicemente ho sospeso il giudizio, le cose stanno andando così velocemente che non è ancora il momento di fare il punto.
Non credo di voler “spartiacquare” niente di particolare, mi piaceva tanto la mia vita anche prima. Diciamo che ho spinto l’acceleratore e la macchina è andata davvero tanto forte, e ci ho preso gusto 🙂
Non pensavo affatto che la tua vita non ti piacesse, anzi!
Però ogni tanto una sterzata decisa ci sta anche bene e se la nuova strada piace, perché mai ritornare sulla vecchia? 😉
A presto, un abbraccio!
—Alex
Grandissima Irene, continua così!!!!!
Grazie Debora!! ♥
Ok, aspetta..finisco di leggere tra un po’…quando finisco di ridere per l’immagine di te sgocciolante e stanca morta chiusa fuori dalla tua stanza. Scusa ma è troppo divertente!!!
Ti giuro che non ci potevo credere. Pensavo “no, dai, non sta succedendo davvero”, mi sentivo in un film di quelli dove ti senti in imbarazzo per il protagonista. Terribile!
Scusami la domanda ma ne vale la pena? Fossi stata in coppia l’avrei compreso ma cosi? Sei sola, nel senso che si potrai conoscere le persone più gentili del mondo lì a SF ma non saranno mai tua mamma, tuo papà e tua sorella. Che senso ha vivere una vita lontana dalla Famiglia? Io la mia famiglia la voglio vedere tutti i giorni, tu no? Non senti un vuoto in pancia? A chi ti rivolgerai se dovessi avere bisogno ma bisogno veramente? Chi ti vorrà più bene di tua mamma e potrà darti il supporto di cui hai bisogno? Capisco il tuo entusiasmo per l’esperienza lavorativa, tanto di cappello… avevi il lavoro, la casa, gli amici, viaggiavi tanto…è giusto rinunciare alla propria vita cosi? Per me si tratterebbe di perdere momenti preziosi che non ritorneranno mai più!
Sono completamente d’accordo con te su tutto! Voglio fare quest’esperienza per me, ma la mia famiglia e i miei amici mi mancano tanto e voglio godermi questi momenti qua ma poi tornare indietro.
La mia famiglia la voglio decisamente vedere tutti i giorni, ma non voglio neanche rinunciare alle esperienze nuove per paura di intaccare la mia vita. Sto cercando di trovare un bilanciamento tra il nuovo e il conosciuto, vediamo se ci riesco 🙂
E se non ci riesco sono assolutamente d’accordo con te: tornerò a casa perché la mia famiglia è la cosa più importante del mondo per me.
Chiara, certo che ne vale la pena!
La vita va rincorsa non viene a domicilio.
—Alex
Irene, sono contentissima che tu abbia deciso di tenere questo splendido blog, essendo io da sempre fissata col conoscere il più possibile ed amando viaggiare (soldi permettendo ovviamente). Ti ho detto più volte che adoro tutti i tuoi post, ma devo dire che la decisione di parlare di questa tua “nuova vita” mi piace se possibile anche di più. Penso faccia bene sia a te che a noi che ti leggiamo, perché credo che vivere all’estero sia un’esperienza che tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita – e che io ho personalmente intenzione di fare, magari più in là visto che sono ancora all’ultimo anno di liceo. Bisogna cambiare, aprire la mente ad abitudini ed idee nuove, mettersi alla prova e capire i propri limiti. E poi magari tornare, perché l’Italia non è tutta da buttare e ci sono cose cui a mio parere non si può rinunciare (cibo a parte ahahah). Quindi nulla, ti faccio i miei più grandi complimenti per essere riuscita ad arrivare a questo punto e mi raccomando, goditela il più possibile! E fai godere anche noi, ché siamo interessatissimi c: Un bacio
Grazie Ileana! Sono proprio contenta di quello che mi dici! Avevo paura di “intaccare” un po’ troppo il blog – che comunque parla di viaggi – con qualcosa di molto personale.
E sono assolutamente d’accordo con te sull’Italia: io non sono andata via perché non mi piace, anzi, la amo e voglio tornare, sono andata via (temporaneamente) perché ho avuto un’occasione davvero interessante.
Sisi, so che ami l’Italia! Volevo solo dirti che hai fatto benissimo a cogliere quest’occasione, se è temporanea anche di più. Tranquilla che non intacchi nulla!
Ireeee bentornata <3
Sapevo di dovermi lasciare il tuo post per un momento calmo e infatti ne ho goduto al 101%.
Mi sono chiesta così tante volte come possa essere lasciare "all'improvviso" la propria casa, la propria città e andare.. Anche io non sono mai stata sola, tanto meno dall'altra parte del mondo… So che un giorno potrebbe succedere se le cose a lavoro dovessero andar bene ma se ci penso HO PAURA.
Le emozioni che hai descritto le ho sentite tante volte nella fantasia, in quei sogni giganti che mettono imbarazzo al solo raccontarli.
Eppure questi sogni giganti tempo fa erano anche i tuoi sogni, immagino, e ora sono la tua realtà e anche se vivi due vite a metà stai vivendo un sogno.
Per cui Ire, oltre ad essere il mio modello di blogger (devo ancora riprendermi dallo shock per aver visto il tuo kit) sei il mio modello di donna che spacca tutto, realizza i suoi sogni e se ne va in California!!!
Ps ma non potevano avvisarti prima del difetto alla porta?! 😀
Ps2: io voglio tornare a San Franciscoooo!! Sicura di non aver bisogno di un'assistente eh!? 😀
Che bello Danila, mi hai fatto venire gli occhi lucidi! Grazie!! ♥
Fa paura e fa venire le vertigini cambiare vita così, io credo che per un po’ di tempo ne valga la pena, poi credo però che gli affetti debbano prevalere. È quello che conta nella vita: non la carriera, i soldi, ma le relazioni (o almeno così la penso io).
Quindi per ora mi godo al 100% questa esperienza sapendo che devo spremerla come un limone.
Un abbraccione! Dai, passa di qui 😉
Io ti adoro! 🙂
Mi hai fatto rivivere le stesse emozioni di quando pischellina a 18 anni sono andata in Australia a studiare l’inglese.
Eheh! Che fegato a 18 in Australia da sola! Io ci ho messo 10 anni in più per schiodarmi 🙂
Ti stimo tantissimo Irene, hai scelto un’avventura difficile, ma sono sicura piena di cose belle che potrai conservare nei tuoi ricordi e poi, sei a San Francisco! D’ora in poi può accadere qualsiasi cosa.
Ti abbraccio.
Grazie Flavia. Sono tanto contenta di come sta andando, e voglio assaporare tutto, anche i momenti più negativi, perché sono tutte emozioni nuove e sfumature di questa avventura.
Grazie di farne parte un pochino ♥
Che bello leggerti 🙂
Goditi tutto!
Un abbraccio da qui :*
Che bello che mi leggi sempre 🙂
Spremo la vita come un limone!
Un abbraccio ricambiato da qui ♥
Ti leggo sempre ma non ho quasi mai commentato, pero’.oggi mi andava: quando sono andata via di casa la prima volta, di anni ne avevo 18. Da quel momento ho cambiato 3 citta’e tre paesi, e sono passati 8 anni. Ma quella sensazione nello stomaco la prima mattina che ti svegli in un letto nuovo, in una casa nuova, completamente DA SOLA, quella l’ho sentita tutte le volte e leggerti oggi e’ stato come rivivere ognuno dei miei traslochi. La me-numero-uno e’ e sara’ sempre ben piantata in quella che ancora chiamo casa, giu’ in Italia, ma la me-numero -due sta facendo tutte quelle cose che “se non le faccio ora,altrimenti quando?”. Quindi, in bocca al lupo, trattieni tutte le sensazioni piu’ belle e ricordatele quando tornerai di nuovo dopo Natale!
Se accetti piccoli consigli sparsi, per me un luogo diventa casa quando : – i muri della stanza sono ricoperti di foto, so in che bar andare per fare pieno di zuccheri in momenti di tristezza, almeno un negoziante/barista/commesso, mi riconosce e mi sorride quando entro. Ti fa sentire accettata e parte della realta’ in cui ti sei catapultata.
Un abbraccio!
Barbara grazie per questo commento, torni ancora qui a commentare, vero? ♥
L’ho letto pensando “Esatto!” a ogni parola.
La prossima settimana finalmente potrò entrare nella mia casina nuova e ho già un sacco di idee per personalizzarla a partire dalle foto e dalle lucine che mi seguono ovunque e rendono ogni posto un po’ più “casa” 🙂
Sono felice che fai commentato, torna presto.
MA che bellissimo questo post!!
Le sento molto bene le tue emozioni di questa nuova seconda vita, contrastanti ed intense.
Ed è bello sentirsi nata una seconda volta, è un mondo nuovo di opportunità.
Se ti può consolare anche io a SF ho avuto SERI problemi con le serrature 😀
Eh sì, l’unico difetto di questa città meravigliosa sono i prezzi stellari… ma sono contenta che tu sia riuscita a trovare casa!
…<3 i cable cars!!
Prezzi ASSURDI!
Poi sembrano decisi da un ubriaco: gli hamburger costano 3$, l’abbonamento mensile ai trasporti costa 70$ – prezzi bassissimi per una città così – e l’affitto per una mini casina DUEMILASEICENTO DOLLARI.
Perché?!
“Per vivere il doppio mi perdo sempre una metà” è bellissimo! Irene, credo che tu stia affrontando questa esperienza davvero nel modo giusto grazie anche alla tecnologia ‘rassicurante’, quella che permette a me di seguire i tuoi racconti in tempo reale e a te di collegarti in qualsiasi momento agli affetti della Irene numero uno. Un abbraccio.
La tecnologia salva tutto. Penso che ne scriverò nel prossimo post perché è un pensiero costante.
Sono super sballottata e sbilanciata ma piano piano troverò anch’io il mio equilibrio tra le due Irene una a 10mila chilometri dall’altra 🙂
Sulla vita sdoppiata ti capisco, perchè anch’io vivo la stessa sensazione, molto ma molto più in piccolo, ed è quando mi trovo a Londra. Per una settimana o quasi , vivo una vita che non è la mia normale, ma mi ci trovo benissimo, come se effettivamente esistesse un me che starebbe benissimo là e un me che sta altrettanto bene qua. E’ un buon modo per provare ad essere una persona diversa, priva dei vincoli, anche buoni, che ci impongono gli affetti e le amicizie e la nostra vita di tutti i giorni.
Infatti delle volte mi accorgo che anche io cambio. Che l’Irene-numero-uno e l’Irene-numero-due non sono solo in contesti diversi, ma sono anche leggermente persone diverse. Arriverà un momento di equilibrio spero perché se no qua sti discorsi sono da psichiatra 😉
Capisco la sensazione di spiazzamento che hai provato: è disarmante ritrovarsi come espulsi dal proprio universo! Mi piace tantissimo, invece, quello che hai scritto sulla vita al 200%, trovo che sia un’immagine bellissima. 🙂
Oh, io faccio il tifo per te!! Vai e colpisci, tigre! 😉
Quando ho letto “tigre” ho avuto un moto di “dai cazzo spacco tutto” che mi ha fatto sentire invincibile! Grazie! ♥
…per essermi trasferita a 20 km da casa di mia mamma ho pianto per due giorni, e andavo a vivere cn miio moroso!cosa che desideravo da anni!!!
Credo sia tutto normale, non ho mai provato distanze così grandi, ma se hai una bellissima famiglia, se la ami, se ami la tua vita, per quanto tu abbia un sogno, quando questo arriva, fa paura!!
Ma il mio prof della tesi mi diceva sempre: “Mai paura e avanti sempre!” 🙂
spesso me lo ripeto e funziona!!!
In bocca al lupo!!!
…e non potrei appoggiare di più la decisione di andare a vivere da sola!! 😉
No beh io ho avuto settimane di angoscia quando sono andata a vivere da sola qualche anno fa a 50 METRI da casa di mia mamma (che poi in linea d’aria sono sicuramente meno, tipo 20, dall’altra parte del cortile). Sono una mammona e ho una famiglia che amo alla follia e che è parte integrante e fondamentale della mia vita. Dall’altra parte però sono troppo curiosa e se queste esperienze non le faccio ora, non le faccio più.
Quindi mi spacco un po’ il cuore in mille pezzetti a lasciare l’Italia, ma lo faccio per un buon motivo! Daje! ♥
sei mitica!!! grandisssima!!!!
mi rincuora sapere che non sono la sola ad avere pianto!!:)
Eccolo..aspettavo il seguito!
Mentre leggo mi immagino di essere lì con te mentre trovi il nuovo ufficio o mentre mangi quel burrito (davvero non lo avevi mai assaggiato?? buoniiiiii)
Come ti avevo già detto stai vivendo il sogno di tanti, me compresa che non voglio rinunciare a provare ad andare all’estero, ed è giusto che tu lo viva al 110%.
E’ normale che ci si senta soli, soprattutto con tutti quei millemila km che ti separano da tutti gli affetti a cui eri abituata e in una metropoli tra le più famose al mondo … ma vai avanti e spacca tutto! Se sei arrivata fino a lì è perché te lo meriti!
Sei un esempio per me!
Parlando di San Francisco *__* : dimmi che sei già stata al Farmers Market? Oppure dimmi che quando ci andrai mi penserai tanto 🙂 Non so se lo avevi già sentito, ne ho parlato sul blog (ti metto il link se ti interessa: http://tripvillage.it/2-giorni-a-san-francisco-istruzioni-per-luso/)
Avevo parlato anche di Point Reyes, a poco più di un’oretta d’auto da SF: te lo consiglio! E’ un posto bellissimo!!
Non avevo mai mangiato il burrito, giuro! E adesso è una droga, tipo che per l’aereo di ritorno devo comprare due posti perché mi porto a casa una fetta abbondante di culo in più.
(Anche oggi a pranzo l’ho mangiato, burrito al tonno e formaggio, CIAO)
Io ti dirò, il mio sogno non è mai stato andare a vivere all’estero, era proprio venire qui. E neanche per troppo tempo, perché io a casa mia ci sto proprio bene.
Però questo posto è talmente magico, speciale e accogliente che fa passare subito la nostalgia, devo dire.
Sono stata al Farmers Market ma ti amo per avermi lasciato il link perché sono alla smaniosa scoperta di San Francisco appena ho un momento libero dal lavoro (cioè mai in questo periodo, ma facciamo finta di niente).
Ciao,
sono una delle tanti lettrici silenti, che ti segue con curiosità e interesse. Ti ho scoperta mesi fa completamente per caso e da quel giorno ogni tanto torno a “farti visita”.
Mi sento molto affine a te: dovremmo avere circa la stessa età, amo viaggiare, leggere, restare sotto le coperte, fotografare, conoscere gente e luoghi nuovi e mantengo lo stesso entusiasmo di quando avevo 5 anni 😉 .
Mi sono decisa a scriverti solo per ringraziarti. Mi spiego meglio: non penso che il tuo post avesse chissà quali obiettivi di riflessione comunitaria, ma trovandomi in un periodo di cambiamento e paura (come i tuoi primi giorni a San Francisco), ho letto la frase “Con tutte queste prime volte mi sento una tela bianca, mi sento alla continua scoperta di un mondo bellissimo che io ancora non avevo incontrato” e mi ha dato una carica inaspettata! Ci ho riflettuto molto ed era proprio lo stimolo di cui avevo bisogno per inquadrare le cose dalla giusta prospettiva!!!
Dunque… grazie per il tuo inconsapevole (e non ricercato) aiuto!
In bocca al lupo per tutto e tienici aggiornati,
Serena
Ciao Serena! Grazie di aver fatto capolino dal tuo silenzio, non sai quanto mi fa felice. Anch’io sono una lettrice silenziosa dei miei blog preferiti, ma è una cosa così sciocca, è tanto bello parlare con le persone!
E questo tuo commento mi ha veramente illuminato la giornata: pensare di aver dato la spinta, con le mie parole sconclusionate, a una persona sconosciuta a 10mila chilometri da me, dà un senso a questo blog.
Ti abbraccio stretta per darti un altro po’ di carica! Torna presto 🙂
Sei coraggiosa e col cuore grande <3
Come posso ringraziarti per questi pezzettini di felicità che mi lasci sempre? ♥
è il contrario ^_^ sei tu che condividi cose così belle che non si sa come dirti grazie.
♥ x 1000 🙂
I tuoi post mi sembrano le maddalaine nei libri di Proust. Hanno un che di unico, inimitabile, un ponte nei sentimenti che ricordano tempi magici ma lontani nel tempo..
Ma mi perdonerai se correggo in parte quello che hai scritto.
Non è vero che eri sola, eri con la persona più cara e più importante al mondo, ovvero te stessa.
Tornando nei (miei) ricordi un vecchietto un giorni mi disse: conoscerai tantissima gente nella tua vita. Tanti li “perderai” per i più svariati motivi. Ne conoscerai altri. L unica persona che non perderai mai sarai tu stesso. Adesso hai un motivo in più per trattati e volerti bene sempre in ogni circostanza.
Col tempo ho che cosa volesse dire il vecchietto.
Ti auguro un milione di questi bellissimi tuoi viaggi….sempre in ottima compagnia : )
Ma che bella cosa!! ♥
Mi è piaciuto tantissimo il tuo commento e mi ha fatto pensare tanto.
Grazie davvero 🙂