Il Nepal è una terra gentile e noi dobbiamo fare qualcosa

Il Nepal è una terra gentile.
I nepalesi sono il popolo più accogliente e sorridente che io abbia mai incontrato. Ve lo raccontavo qui, appena tornata dal mio viaggio.

Sono stati giorni indimenticabili quelli in Nepal: le bandierine di preghiera in ogni angolo a proteggerci, i namasté sorridenti di tutte le persone incontrate, i colori sgargianti, la polvere, l’Everest nella sua maestosità, le Durbar Square di Kathmandu, Patan e Bhaktapur così fitte di templi che sembrano foreste.

Il Nepal è senza dubbio uno dei luoghi che dovrebbe essere in cima alla lista dei sogni di viaggio di ognuno di voi, che se siete arrivati qui siete curiosi nei confronti del mondo quanto me.

In questi giorni una serie di terremoti fortissimi ha sbriciolato le città, i templi, la neve.
Le Durbar Square hanno dei vuoti al posto dei templi crollati, le case sono sventrate, sulla catena dell’Himalaya diverse valanghe hanno sepolto i campi degli scalatori.
Il conto dei morti sale di ora in ora, sono migliaia le persone che hanno perso la vita in questo disastro.

Io ero laggiù un anno fa esatto.
Le ferite del Nepal in questi giorni fanno male anche a me.

L'alba dalla Tower of Nagarkot

I miei ricordi luminosi e felici si sovrappongono alle immagini di devastazione di questi giorni.

La Durbar Square di Bhaktapur (la piazza principale della città, una spianata immensa piena di templi) è il primo Nepal che ho incontrato, al tramonto. In quel momento ho capito che ero arrivata in un luogo speciale, molto di più di quanto mi aspettavo.

Venerdì scorso uno dei templi più importanti della Durbar Square, il Vatsala Shikhara, è crollato.
Oggi c’è un cumulo di detriti al posto di quel tempio incantevole: era bianco, maestoso, ricamato, sembrava una torta nuziale.

Il Nepal prima e dopo

Questa mattina, mentre mi stavo preparando per andare al lavoro, ho indossato distrattamente i miei braccialetti, come faccio sempre.

Poi mi sono fermata a guardarli.
Vengono tutti dal Nepal e nascono tutti da un incontro, da un momento che porto nel cuore.

I miei braccialetti nepalesi

Quello rosso, verde, giallo, bianco e nero viene dallo Stupa di Bodnath. Me l’ha regalato un monacino dolcissimo ripetendo un mantra e facendo tre nodi per legarlo. Dopodiché mi ha guardata negli occhi e mi ha detto “I see you. You will make great things in your life“. E poi mi ha sorriso con un sorriso che gli ha inondato il viso di luce.

Quello d’argento viene dal villaggio di Bungamati. Stavamo passeggiando per le stradine del villaggio, gli altri erano andati avanti, io mi ero fermata a parlare con una signora che mi aveva detto namasté e mi aveva sorriso. Abbiamo parlato un po’ e poi è arrivato il suo bimbo e mi ha sorriso anche lui. Alla fine delle chiacchiere voleva regalarmi il braccialetto, io ho insistito per pagarlo. Con quei soldi in Italia non ci compro neanche un caffè, a Bungamati fa la differenza.

Quello con i semini viene dal Tempio delle Scimmie, lo Swayambhunath.
Qui è dove ho sentito per la prima volta una delle canzoni che più mi riportano in Nepal, Om Mani Padme Hum. La ascolto in continuazione da quando sono tornata, per calmarmi, rilassarmi, concentrarmi. Il tempio è parzialmente crollato a causa del terremoto.
Il braccialetto viene dalla banchetta di un signore così gentile da spiegarci per ore l’origine e la differenza di ogni semino del Nepal: gli brillavano gli occhi e sorrideva, come tutti.

Spero davvero che stiano tutti bene.

namasté

Il Nepal è un paese sorridente, silenzioso, pacifico, colorato, fuori dal tempo e dallo spazio, protetto dalle montagne più alte del mondo come in uno scrigno sacro.

È un paese molto povero, dove i bimbi si lavano al fiume e l’energia elettrica funziona solo poche ore al giorno, ma è un paese sereno.
E davvero questo terremoto è stato ingrato a colpire un posto così sfortunato e debole.

Noi possiamo fare qualcosa.
Noi siamo ricchi, in confronto a loro. Io ho un lavoro normale, con uno stipendio normale, ma sono ricchissima in confronto a loro.
E ho il dovere morale e umano di fare qualcosa.
Se io fossi nei loro panni vorrei che una come me facesse qualcosa per aiutarmi.
Si privasse di qualche decina di euro per darmi una mano.

Quindi vi do due idee per fare qualcosa.

La prima è fare una donazione. Anche di pochi euro.
Si può donare 1€ mandando un SMS al numero 45591, oppure si può donare una cifra più alta (a scelta) sul sito www.agire.it (totalmente affidabile, cito dal loro sito: AGIRE – Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze, rappresenta il meccanismo congiunto di raccolta fondi di 10 tra le più importanti ed autorevoli organizzazioni non governative presenti in Italia che hanno scelto di unire le loro forze in soccorso alle popolazioni colpite dalle più gravi emergenze umanitarie nel mondo).
Io l’ho fatta, l’ho fatta fare al mio ragazzo, a mia mamma, a mio babbo, alle mie amiche.
E ora lo dico anche a voi, perché vi stimo, e se state leggendo queste righe vuol dire che amate i viaggi, il mondo, e chi il mondo lo abita.

La seconda invece è fare un viaggio in Nepal. 
Se volete vivere un’esperienza fortissima e indimenticabile iniziate a programmare un viaggio in questa terra speciale.
Vi cambierà la vita e servirà – in una piccolissima ma fondamentale parte – a far ripartire l’economia di un paese che è stato così sfortunato.

Ad ogni modo, fate qualcosa anche voi.
Spero di avervi trasmesso con questo post e con tutti gli altri sul Nepal anche solo una puntina minuscola dell’amore profondo che provo per questo luogo speciale che mi ha toccato il cuore.
Ditemi che scrivere un blog serve anche in queste situazioni reali, ditemi che farete qualcosa.

La Durbar Square di Bhaktapur al tramonto, la prima immagine che ricordo del Nepal, indelebile

La Durbar Square di Bhaktapur al tramonto, la prima immagine che ricordo del Nepal, indelebile

Lo stupa di Bodnath, uno dei luoghi più affascinanti del Nepal

Lo stupa di Bodnath, uno dei luoghi più affascinanti del Nepal

La vita che passa all'ombra dei templi della Durbar Square di Patan

La vita che passa all’ombra dei templi della Durbar Square di Patan

La Durbar Square di Kathmandu

La Durbar Square di Kathmandu

Il sentiero verso Namobuddha

Il sentiero verso Namobuddha

Lo stupa di Namobuddha

Lo stupa di Namobuddha

Il sentiero verso Telkot

Il sentiero verso Telkot

La vista su Kathmandu dal Tempio delle scimmie

La vista su Kathmandu dal Tempio delle scimmie

Il lavoro a Bungamati

Il lavoro a Bungamati

Il volo sull'Himalaya e sull'Everest.

Il volo sull’Himalaya e sull’Everest

La Durbar Square più bella del Nepal

La Durbar Square di Patan, la più bella del Nepal

25 thoughts on “Il Nepal è una terra gentile e noi dobbiamo fare qualcosa

  1. Tutti i popoli del mondo meritano di essere aiutati in situazioni disperate come questa.
    Leggere in rete cose assurde come “se lo sono meritato perché…” oppure “dio li ha puniti perché…” non solo diminuisce la mia “fede” nell’evoluzionismo ma anche quella nel genere umano in generale.

    Mi piacerebbe essere in grado di volare laggiù a dare fisicamente una mano; purtroppo adesso è il momento delle competenze specifiche, competenze che purtroppo non possiedo. Mi sono quindi limitato ad offrire un sostegno economico a coloro che invece le possiedono, riservandomi di volare laggiù non appena sarà possibile.

    —Alex

    • Se tutti facessero come te vivremmo in un mondo migliore 🙂
      Per il discorso del “vanno aiutati perché” sono d’accordo fino a un certo punto: ci sono Stati forti e ricchi che non è detto che abbiano bisogno in maniera così massiva degli aiuti internazionali pur trovandosi in situazioni disperate così. Il Nepal invece è veramente poverissimo e ha un’economia che già prima non bastava per la sussistenza del paese, figuriamoci ora. È oggettivo che ha più bisogno di aiuto. Non che se lo “meriti” di più – come se l’aiuto in queste situazioni andasse meritato – però sicuramente è in una situazione particolarmente drammatica.

      • Hai ragione, il Nepal è già “normalmente” un paese debole e per questo necessita di aiuti ancora più vigorosi.
        Però non è una verità assoluta; anche un paese ricco ed orgoglioso come il Giappone ha avuto bisogno di forti aiuti dopo i terremoti di Kobe del 1995 e quello del Tohoku del 2011 (quello dello tsunami).
        Certo, in questi casi non sono magari gli aiuti economici quelli necessari bensì quelli tecnologici e di personale; in queste tragedie le strutture stesse di soccorso locali sono colpite ed annientate, il personale che dovrebbe garantire i soccorsi è coinvolto fisicamente e\o emotivamente e non è più in grado di gestire efficacemente le operazioni tecnologiche\logistiche dei soccorsi. In altre parole, magari hanno le ruspe ma nessuno per manovrarle, hanno gli ospedali da campo ma non il personale medico oppure gli elicotteri ma non i piloti, etc.

        —Alex

  2. Anche per noi è stato un duro, un duro colpo. Essere stati in un posto e sapere che è stato distrutto. E non parlo dei monumenti, quelli in fondo si ricostruiscono, parlo anche dell’animo, della gente morta, senza casa. E’ tutto molto triste. Siamo molto affranti.

    • Speriamo che sia almeno tutto finito e che ogni persona decida di fare qualcosa, anche solo una piccola donazione, per aiutare chi è in difficoltà. Se fossi in loro io lo spererei con tutto il cuore.

  3. Ciao Irene,
    io ho donato qualche giorno fa e posso dirti una cosa? Ora mi sento più ricca, perchè ho tolto dalle mie tasche soldi con i quali non avrei campato ma mi sarei semplicemente fatta passare qualche sfizio.. e li ho dati a loro, che agli sfizi ora neanche ci pensano.
    Bellissimo post :*

  4. Oggi leggevo che dopo il terremoto i lavoratori nepalesi all’Expo son tutti rientrati in patria, alcuni anche colpiti da lutti in famiglia. Pare che la cosa non sia sfuggita agli altri lavoratori impegnati negli ultimi ritocchi all’area fieristica, che hanno così deciso spontaneamente di mettersi all’opera per finire i lavori. Ovviamente gratis, e nel tempo libero.
    Poi ho letto te e per la seconda volta nel giro di pochi minuti ho pensato che questo deve essere lo spirito dell’aiuto: la gratuità. E non tanto perché non costi niente, a volte ci si mette fatica, altre volte tempo altre ancora soldi o parole. Ma chi come te ha capito lo fa semplicemente, perché sa che è importante che a quelle persone torni il sorriso.
    Che poi, tante volte, forse non ci rendiamo nemmeno conto che in realtà veniamo “ripagati” profumatamente.
    Un abbraccio.

    • Sono felice di leggere dei commenti così e di avere dei lettori così. Ne sono onorata. Grazie. Se questo post ha portato anche solo 1€ in più è servito a qualcosa.

  5. Ciao Irene, quando hanno reso noto il terremoto ho subito pensato a te perchè è attraverso i tuoi post che ho scoperto le prime cose sul Nepal.
    Sapevo che sarebbe arrivato un tuo post pieno d’amore per questa terra!
    Anche io ho già donato e quei pochi € che per noi non valgono nulla spero possano davvero fare la differenza là…

    • Grazie Elisa, di cuore. All’inizio non volevo scrivere niente perché si rischia sempre di cadere nella retorica e nell’esposizione del dolore. Poi ho pensato che più se ne parla e meglio è. E se questo spazio può essere usato per una buona causa allora acquista un senso.

  6. Fatto.
    Se ci aiutassimo SEMPRE TUTTI RECIPROCAMENTE, per i grandi terremoti come per le piccole cose quotidiane, saremmo tutti felici.
    Io davvero non so cosa stiamo aspettando.
    <3

    • Grazie Claudia. Io ci credo tanto in questa mentalità, e la mia parte la faccio. Speriamo che piano piano cambino davvero i comportamenti.

  7. che bella persona che sei, già solo il fatto che ti fermi a parlare con le popolazioni locali e loro vogliono farti dei regali significa che sei in grado di colpire chi non ti conosce e però riceve in pochi minuti un’impressione positiva di te.
    io ho scelto di donare (l’ho fatto ieri) tramite la fondazione dell’azienda dove lavoro, perché poi la fondazione raddoppia ogni donazione ricevuta, non nego che anche le tue belle parole su facebook sono state una spinta in più.
    ammetto che il Nepal non era tra i primissimi posti in vorrei andare, ma sto già cambiando idea…

  8. Quando ho appreso la notizia del terremoto in Nepal sono rimasto letteralmente sconvolto, e come dici te è il momento di agire con aiuti sia economici che con l’apporto di personale specializzato e di attrezzature.
    Speriamo che questo magnifico Paese si risollevi preso da questa terribile catastrofe perché ha molto da offrire…

    • Spero proprio che ognuno si mobiliti anche con pochi euro, quello che può, per aiutare un popolo che davvero ha bisogno di tutto l’aiuto possibile per rialzarsi.

  9. Irene come sempre le tue parole arrivano dritte al cuore.
    Per noi una piccola donazione non è nulla, al massimo un aperitivo in meno, mentre per loro questo è un grandissimo aiuto.
    Per quanto riguarda il turismo, sento di sottolineare l’importanza di appoggiarsi ad agenzie e organizzazioni LOCALI, non italiane, perché così si aiuta effettivamente l’economia locale (tour organizzati da agenzie italiane ovviamente rientrano nell’economia italiana, anche se svolti all’estero).

  10. Il Nepal è nella lista dei paesi che ancora devo visitare, mi ha sempre affascinato e sicuramente lo visiterò in futuro e vivrò le bellissime emozioni che hai vissuto tu e che in questo post descrivi al meglio (commuovendomi).
    Quello che è successo è veramente molto triste, da lasciarti senza parole…

    Io ho fatto delle donazioni attraverso la mia società che raddoppia a sua volta la cifra donata. Il ricavato andrà versato ad un privato, ex capo del soccorso alpino di un paese qui in Svizzera, che sta organizzando insieme ai piloti di elicottero una spedizione in Nepal per portare il loro aiuto.

    Speriamo il Nepal si riprendi al più presto.

  11. Ho appena ascoltato i racconti di tre colleghi nepalesi postati sul sto interno della ditta per la quale lavoro.
    Raccontano della paura, del sollievo nel sapere finalmente (fortunati loro) che parenti ed amici stavano relativamente bene. Raccontano delle loro case, qualcuna ancora in piedi, altre distrutte.
    Raccontano delle persone meno fortunate che non hanno acqua e cibo.
    Chiedono aiuto.

    Purtroppo non è materiale pubblico e non lo posso mostrare ma vi lascio immaginare la loro disperazione.

    Facciamo qualcosa e per chi ha già fatto, facciamolo di nuovo.

    —Alex

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