È da quando sono tornata dal Messico che penso alle ingiustizie.
E penso che disinteressarsene significhi esserne complici.
Penso ai 43 ragazzi desaparecidos di Ayotzinapa.
In Messico ho trovato un paese lacerato e arrabbiato, un paese sull’orlo di una rivoluzione, un paese manipolato.
Il centro del Messico, da Città del Messico fino al Chiapas, è scosso da manifestazioni, proteste, sit in.
Ovunque c’è scritto #fueelestado, è stato lo Stato. Sui social, sui muri, negli striscioni.
Nella città di Oaxaca c’è un presidio di decine di tende nella piazza principale: tutto attorno striscioni colorati con le foto dei 43 ragazzi scomparsi vanno da un albero all’altro.
Cartelloni e volantini tappezzano la città.
Al Museo di Arte Contemporanea di Oaxaca i muri del patio sono stati dipinti di nero e la poesia “Ayotzinapa” di David Huerta occupa una parete intera. Una voce la legge in continuazione e la diffonde lungo la via principale della città.
In Yucatán e in Quintana Roo, centri del turismo di massa e giganteschi parchi giochi per americani faciloni, non c’è nulla.
Più la cittadinanza protesta nello stato di Guerrero, più la stampa insabbia le notizie in tutto il resto del Messico.
Per farvi capire il livello di allarme della situazione: quando sono stata a Città del Messico l’accesso al Palazzo Nazionale era chiuso perché durante una delle tantissime manifestazioni avevano dato fuoco alla porta principale dell’edificio.
In Italia non se n’è parlato molto quindi magari vi faccio un recap veloce di quello che è successo.
Il 26 settembre, a Iguala, nello stato di Guerrero, 3 autobus di studenti della scuola Ayotzinapa (conosciuti per le loro proteste contro il governo locale) vengono fermati dalla polizia.
Immediatamente parte uno scontro: la polizia spara sugli studenti disarmati, 6 persone muoiono, 25 vengono ferite e 43 scompaiono.
Questi 43 ragazzi non sono mai più stati ritrovati, sono appunto desaparecidos.
Solo di uno è stata confermata la morte (grazie al test del DNA su dei frammenti di ossa ritrovati).
Da settembre il Messico è in rivolta e le manifestazioni sono all’ordine del giorno, soprattutto nel Messico centrale.
Ci sarebbe così tanto altro da dire, ma non voglio raccontarvi la storia dai miei occhi.
Andate su Google e cercate “Ayotzinapa”, fate copia-incolla da qui.
Leggete più possibile: questa storia è così complicata e così insabbiata che bisogna vederla a 360 gradi.
E bisogna conoscerla.
Questo è quello che sta succedendo in Messico, quello a cui penso da quando sono tornata.
Ma non penso solo ad Ayotzinapa.
Penso anche all’attentato alla redazione di Charlie Hedbo.
Penso alla situazione tra Siria e Turchia, alla forza dei combattenti di Kobane.
Penso ai continui attentati in Nigeria.
Penso a come hanno commentato gli italiani il pagamento del riscatto per le volontarie Greta e Vanessa.
Penso a questa situazione delicatissima, a questo momento storico buissimo che sta attraversando il mondo.
Sia per tutte le cose terribili che accadono, sia per questa apatia mentale che pervade le teste e sposta l’angolo di visione da un punto di vista sano e informato a un punto di vista superficiale e distorto.
Come sono piccoli, limitati e ingiusti certi commenti.
Schifare la politica a prescindere, diffondere notizie senza verificarne la fonte, arrogarsi il diritto di commentare e giudicare ogni cosa anche quando non si è approfondito l’argomento, disinteressarsi di quello che accade oltre il proprio naso è la benzina perfetta per il fuoco di tutte le situazioni più miserabili.
Le grandi tensioni ignorate per generazioni stanno lentamente, ma incessantemente, tornando in superficie e la nostra società è troppo assopita – tra egoismi, superficialità e odio – per riuscire a reagire.
“Non me ne frega niente della politica tanto sono tutti uguali” è il paradosso più grande dei nostri tempi.
È come dire “Mi ammazzo ora tanto prima o poi di qualcosa dovrò pur morire“.
Disinteressarsi significa essere complici.
Lo ha detto meglio Bertolt Brecht di me, quindi vi taglio il mio pippone sull’importanza dell’essere cittadini attivi e vi lascio le sue parole.
Io ce le ho appese sul muro di casa mia (vedi la prima foto di questo post, è un disegno che ho fatto io tempo fa).
Le leggo tutti i giorni.
Mi ricordano di pensare prima di parlare, di informarmi prima di giudicare, di attivarmi invece di lamentarmi, di rimboccarmi le maniche invece di fare il peso morto, di impegnarmi in prima persona invece di dare la colpa agli altri.
Cerchiamo di non essere analfabeti politici, se no tutto questo è anche colpa nostra.
L’analfabeta politico
Il peggiore analfabeta
è l’analfabeta politico.
Egli non sente, non parla,
né s’importa degli avvenimenti politici.
Egli non sa che il costo della vita,
il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina,
dell’affitto, delle scarpe e delle medicine
dipendono dalle decisioni politiche.
L’analfabeta politico è così somaro
che si vanta e si gonfia il petto
dicendo che odia la politica.
Non sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica
nasce la prostituta,
il bambino abbandonato,
l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi,
che è il politico imbroglione,
il mafioso corrotto,
il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.
[Bertolt Brecht]
Ps: a proposito di ingiustizie, di informarsi, di lotte.
Questa settimana sull’Internazionale c’è un reportage a fumetti di Zerocalcare.
Parla di un viaggio.
A Kobane. Dove c’è uno scontro epocale tra civiltà e inciviltà.
Tra giustizia e odio.
Vi consiglio con tutto il cuore di leggerlo. Chiudete Facebook, i blog (anche il mio), perfino i libri e andate in edicola a comprare l’Internazionale. È uscito venerdì scorso, ma il reportage in allegato uscirà anche venerdì prossimo (il 23 gennaio) perché quello di questa settimana è esaurito in quasi tutte le edicole.
Qui vi lascio un paio di foto fatte male e anche un po’ sfocate (ero in treno).
Ma vorrei farvi venire un po’ di acquolina in bocca perché dovreste veramente leggerlo questo capolavoro.
Ire d’accordissimo, proprio qualche giorno fa discutevo con un amico su facebook. Tutto gira intorno alla critica facile, ai soldi, ai luoghi comuni. C’è troppa ignoranza e troppa presunzione, un binomio letale.
Ne ho parlato con diversi messicani e anche lì sono molto sfiduciati e rassegnati. Parlarne è l’unica cosa che posso fare, almeno quello.
Finalmente un blog di viaggi dove non si vive solo di viaggi. E ci si pone in atteggiamento critico nei confronti della realtà, che non è solo rose, fiori e blogtour.
Grazie Claudia. Poter scrivere quello che voglio è uno dei motivi per cui non posso far diventare il mio blog un lavoro.
Mi sono interrogato molte volte sulla questione se questa ignavia politica sia un male prettamente italiano, europeo, occidentale oppure semplicemente qualcosa tipico dei nostri anni.
Nel mio piccolo mi sono fatto l’opinione che, almeno qui da noi, questa ignavia politica abbia avuto origine negli anni ’90, ai tempi di Tangentopoli quando alcune formazioni politiche ed i media (secondo me pilotati abilmente) fecero in modo da propagandare l’equazione “politica=cosa sporca che le persone ‘per bene’ sfuggono”.
Il fine di tutto ciò?
Disinteressare la maggioranza dei cittadini alla politica in modo da farla ancora più per il proprio interesse ed indisturbati.
Sbaglierò?
—Alex
Anche in Messico in realtà è molto simile alla nostra la situazione. Ci somigliamo molto noi e i messicani, nel bene e nel male.
Il gene “latino”, Italia, Spagna, Argentina, Brasile o Messico che sia, quello è.
Mentre in Messico qualcuno sparisce ed il confine con gli USA è uno dei posti più violenti del pianeta, mentre in Brasile si disputa il Mondiale reprimendo le proteste e nasconendo strutture costruite coi piedi, altrove si discute ancora su possibili trattative Stato-Mafia e delle relative… sparizioni di persone scomode.
Purtroppo sì. Ma, almeno per il contesto che ci riguarda, se rimaniamo anche marginalmente analfabeti a livello politico, tutto questo casino è colpa anche nostra.
Certo, anche e soprattutto colpa nostra, nella misura in cui G.B.Shaw me lo “confermò” in un vicoletto di Dublino: http://i.imgur.com/Vdqrre9.jpg
Chi governa, non arriva fin lì per caso.
Bellissima questa frase!
concordo in parte con adblues: la sensazione è che la disaffezione di quel periodo non sia sufficiente da sola a spiegare il pressappochismo con cui ci rapportiamo all’informazione, oggi. quel periodo ha contribuito, ma temo le radici siano molto più lontane e molto più profonde.
a margine: io ho trovato abbastanza interessante questo libro, che secondo me, soprattutto dopo questo tuo viaggio, merita una lettura (è breve, si legge in fretta): http://www.nazioneindiana.com/2014/03/30/juan-pablo-villalobos-se-vivessimo-in-un-paese-normale/ te lo consiglio!
last, but not least: zerocalcare è grandioso, in certi momenti quasi immenso per sagacia e cinismo. tra i graphic novelist, una delle menti più lucide di questi tempi, e se va avanti su questa strada ben poco avrà da invidiare a gente del calibro di guy delisle o chappatte…
Grazie per il consiglio di lettura! Insieme a Zerocalcare ti consiglio tanto anche Gipi. Tra l’altro era la settimana scorsa alle Invasioni Barbariche e ha fatto un’intervista da pelle d’oca secondo me.
conosco, conosco bene: abbonato a internazionale da svariati anni 🙂
(e potremmo proseguire con una lunga lista di meravigliosi GN!)
Ma bravissimo!!
Viaggiare significa anche questo, vedere con i propri occhi quelle situazioni di cui sentiamo parlare di sfuggita in qualche tg e che poi dimentichiamo dopo 10 minuti. Hai dato voce a questa ingiustizia e lo hai fatto molto bene. Io ricordo il film Bordertown con angoscia..Ma vi siete comunque sentiti al sicuro durante il vostro viaggio?
Sì, dappertutto tranne che a Città del Messico. Anche nelle zone zapatiste (che di solito sono considerate borderline) abbiamo trovato una situazione molto tranquilla e accogliente.
Credo che sia un momento molto particolare questo. Da una parte è vero che si rimane facilmente sulla superficie delle questioni sentendosi comunque spesso nella posizione non solo di esprimere pareri, ma di giudicare. Dall’altra è anche vero che le notizie viaggiano molto più di prima e credo ci sia, volendolo, grande possibilità di approfondire. In ogni caso non è facile scrivere un post come questo, brava Irene e grazie di averci dato il tuo punto di vista!
Proprio perché in questa epoca abbiamo una disponibilità di informazioni che mai prima nella storia, mi sembra ancora più irresponsabile e colpevole chi non si informa e non approfondisce. È uno schiaffo a tutti quelli che lottano e portano avanti lotte sulla base di valori che dovrebbero essere anche nostri e di tutta l’umanità. Ci sono persone nel mondo che lottano anche per noi e per i nostri figli, per lasciargli un mondo migliore, e noi non ci degnamo nemmeno di informarci. È criminale.
Bra-va! Un post di impegno. “…disinteressarsi di quello che accade oltre il proprio naso è la benzina perfetta per il fuoco di tutte le situazioni più miserabili.
Le grandi tensioni ignorate per generazioni stanno lentamente, ma incessantemente, tornando in superficie e la nostra società è troppo assopita – tra egoismi, superficialità e odio – per riuscire a reagire.”
Quando viaggi con gli occhi aperti vedi anche questo e capisci sempre di più. Purtroppo si può viaggiare anche in superficie, e quanti non lo fanno, senza capire un tubo neanche dei posti figuriamoci delle situazioni, solo per potersi vantare di essere stati in un certo posto.
Alex ti confermo con un gusto amaro che quello che descrivi non è una sindrome esclusivamente italiana.
Grazie Ami, i tuoi commenti sono sempre un piacere da leggere. Ti dirò che io credo in qualche modo anche quei viaggi superficiali possano servire. La cultura che incontri, anche se non vuoi e non te ne accorgi, ti si infiltra dentro, entra nel tuo cervello e si mette comoda in un angolino remoto. E verrà il giorno – durante un dibattito politico o davanti a un articolo di cronaca – che le esperienze vissute in quel viaggio modelleranno il tuo pensiero in maniera impercettibile e ti apriranno, un pochino, la testa. O almeno spero.
Un post che fa riflettere sulla situazione che viviamo oggi e che ben rispecchia lo stato di disinteresse che regna in tutti gli Stati, specialmente in quelli “civili” come dovrebbe essere il nostro. Ho letto della vicenda dei ragazzi in Messico su alcuni siti, ma nulla è comparso nei telegiornali o nei principali quotidiani. Ora che sono diventata mamma spero di riuscire ad insegnare a mia figlia a guardare oltre, aprendo i suoi interessi al mondo visto che lei, ancora più di me, è una sua cittadina.
Falla leggere, viaggiare, falla essere curiosa. Io mi guardo intorno e vedo persone che invece di “immergersi” nelle cose, ci “surfano” sopra. Lo diceva anche Baricco nel suo libro “I barbari”, te li consiglio molto, anche per conoscere più da vicino quello che sarà il mondo abitato dalla tua bimba 🙂
Hai ragione, che ti devo dire, hai ragione.
La responsabilità non ha colore politico, tra l’altro.
Quello che dispiace è che siamo talmente con le pezze al…sedere, che ciascuno è troppo impegnato a sopravvivere allo stress di ogni cosa. Così non si alza quasi mai la testa a vedere cosa c’è oltre ai propri piedi infangati, da cosa deriva e dove porta tutto questo (al netto di quelli che usano tutto ciò come una scusa).
Questo è sentito in particolare dalla generazione dei 40enni alla quale appartengo: cresciuti con promesse di un avvenire brillante, ci ritroviamo con tutta questa spazzatura addosso. E si annaspa per cercare di fare le cose giuste.
È proprio così purtroppo. Solo che è un circolo vizioso: più si tiene al testa bassa, più si continua a fissarsi i piedi infangati, più ci si distacca dalla realtà, e le cose precipitano. È un equilibrio difficilissimo da mantenere quello tra la situazione pesante in cui ci troviamo in questo momento e la speranza verso il futuro.
Ciao Irene,
È bello vedere che ogni tanto c’è qualcuno che va oltre il semplice vedere un posto.
Ho seguito la questione dei 43 ragazzi informandomi sul web e se fosse vero che questi ragazzi sono morti perché la moglie del sindaco doveva tenere un discorso e si temeva potesse essere contestata… Beh dovremmo fermarci tutti un secondo a riflettere.
Anche i giornali e telegiornali ne parlano al momento sull’onda della notizia e poi passano all’argomento successivo.
Purtroppo il disinteresse e il qualunquismo sono le basi di troppe esistenze…
Splendono il foglio che hai appeso in bacheca!!
Un bacio, Danila.
Sono sempre interessanti i commenti che lasci quando passi di qui.
La storia di Ayotzinapa è talmente assurda da essere incredibile per chi non vive quotidianamente in quel contesto. Io continuo a parlarne, è l’unica cosa che posso fare.
Ciao Irene,
apprezzo le persone come te che espongono le loro idee in prima persona, mettendoci la faccia, che cercano di rompere il muro di silenzio su quello che accade oltre la nostra “comfort zone”.
I più grandi viaggiatori non si sono limitati a visitare un paese, a scattare qualche foto e a tornare con una valigia piena di souvenir, ci hanno permesso di comprendere, attraverso i loro racconti, quanto accadeva negli angoli più remoti, dando la parola a chi non aveva voce.
Continua così:-)
Grazie Marzia, di tutti questi semini lanciati nel web e spero che qualcuno abbia attecchito da qualche parte 🙂
Oggi nel giorno della memoria pensiamo alle ingiustizie. Oggi più che mai, restiamo umani.
Che troppo spesso abbiamo la memoria corta.
Sono pienamente d’accordo. Grazie per avere condiviso questi pensieri.
Una delle cosa che mi fa più paura, comunque, è non solo il disinteresse, ma anche la maleinformazione e i discorsi superficiali che troppo spesso, davvero, troppo spesso, emergono sui social. Opinioni campate in aria espresse soltanto per fare vedere che si è impegnati, che ‘noi sì che ci riflettiamo sulle cose’, ‘noi sì che non abbiamo paura di essere in prima linea’. Non è mai così purtroppo. Sono tutti capaci di scrivere due righe o dei papiri infiniti su Facebook, ma quando si tratta di impegnarsi attivamente per cambiare qualcosa o di crescere dentro di sè dei valori veri e profondi che non vengono sbalottati dall’evolversi degli eventi, quanti di questi politicanti da bar avranno il coraggio di sostenere le loro troppo spesso superficiali posizioni ?
Questo è ciò che mi fa realmente paura.
Complimenti per il blog !
Questa rincorsa al giudizio e all’opinione superficiale spaventa anche me. E mi spaventa la violenza e la rabbia con cui spesso questi giudizi vengono riversati sui social. Quello che può fare ognuno di noi è cercare di diffondere il pensiero critico a quelli che gli stanno accanto. E ovviamente giudicare il meno possibile. Che anche quando si hanno tante informazioni, non sono mai abbastanza per avere un quadro completo e dare un giudizio definitivo.
Grazie dei complimenti, spero di rivederti tra queste pagine 🙂
Esatto !! Teniamo d’occhio la sottile linea tra il pensiero critico e il criticare, due cose tanto diverse e tanto spesso così vicine!
Sarò molto spesso tra queste pagine ora che le ho scoperte 😀
Brava!!!! Io vivo qui e ho partecipato a manifestazioni subito dopo l’accaduto: c’era una forte commozione, il paese era in rivolta, sembrava che finalmente stesse cambiando qualcosa…mi sono esposto, anche troppo, in prima fila, diffondendo sulle reti sociali in Italia, e altri paesi europei(come straniero avrei potuto essere deportato per interessarmi di politca in Messico) poi, sono arrivati i pestaggi indiscriminati, la repressione sanguinaria, sequestri, desaparecidos, disinformazione sugli organi di stampa, Televisa, TV Azteca in mano al governo. I maledetti che governano questo splendido paese sanno come fare per tenere a bada le masse, sono specialisti, sono esperti, non per niente qui la definiscono la dittatura perfetta, c’ é ma non si vede…Credimi che qui ti senti cosí impotente, cosí fragile, il governo con i suoi scagnozzi, durante i giorni di manifestazioni controllava tutto e tutti, io abito nella capitale, nel centro e giravano furgoncini neri coi vetri oscurati sui quali giravano dei ceffi che, anche volendo, non potevano celare la loro identitá di paramilitari, polizia segreta ecc…
Purtroppo di 100, sono rimasti in percentuale forse 2 o 3 a continuare la lotta, ad appoggiare i genitori dei 43 ragazzi, il resto, io compreso, e mi vergogno a dirlo, ci siamo dovuti ritirare, per ora…… ma il fuoco arde sotto le ceneri e speriamo, un giorno, non troppo lontano, questo popolo guerriero, orgoglioso e generoso, saprá rialzare la testa e camminare verso un nuovo futuro.Manca solo chi sappia guidarlo e creare una visione.
Andrea grazie della tua testimonianza. Quando vorrai qui c’è spazio per la diffusione di notizie. Un abbraccio.
Ciao anch’io e una compagnia di amici fa qualche giorno partiremo per il Messico, il destino vuole che le nostre tappe siano le stesse tue,ma ancora dobbiamo prenotre bus hotel e forse qualche guida tu mi sapresti dare qualcHe consiglio? Grazie mille
Io i bus li ho presi alla stazione il primo giorno per tutta la vacanza e mi sono trovata perfettamente bene 🙂
Arrivo molto tardi su questo articolo, dopo varie peregrinazioni interne nel tuo blog.
Il mio compagno è di Città del Messico, abbiamo vissuto molto da vicino l’andamento della vicenda di Ayotzinapa, le proteste, la rabbia. Fa impressione leggere quando questo tuo post, scritto esattamente 3 anni fa, potrebbe essere di oggi. Non sta cambiando nulla, mi verrebbe da dire in un moto di scoraggiamento, ma sarebbe dare ragione agli analfabeti politici. In realtà siamo in tanti, noi che ci informiamo e agiamo nel nostro piccolo per non diventare analfabeti.
Che disastro Giulia, mi si spezza il cuore a leggere le tue parole. Purtroppo il marcio c’è ed è grave, ma i “non analfabeti politici” sono quelli che pian pianino, quel marcio, lo ridurranno. Io ci credo. Forza Giulia e forza Messico.