C’è questa sensazione che accomuna ogni cosa quando si è piccoli: tutto sembra grande e lontano, perfetto e irraggiungibile.
I nostri genitori sono dei superbabbi e delle supermamme, invincibili e indistruttibili, sempre con la soluzione pronta, che fanno lavori importantissimi e senza neanche un 5 nella loro carriera scolastica.
Le sorelle grandi sono splendide e hanno delle amiche simpaticissime. Degli amici maschi poi non ne parliamo: tutti affascinanti e inavvicinabili (anche quelli che ad anni di distanza ti rendi conto essere dei veri e propri rospi).
I nonni sono delle rocce, vecchi da sempre e saggi più di un’enciclopedia.
La prima volta che mio nonno mi disse che non sapeva rispondermi a una domanda ci rimasi malissimo: “Non lo sai, nonno?! Ma sei così vecchio che ormai avrai studiato tutto quello che c’era da studiare nel mondo, è impossibile che tu non sappia qualcosa!”.
E non dimenticherò mai il suo sguardo dolcissimo mentre rispondeva alla me seienne: “Io so tante cose, ma non tutte. Sono sicuro che ci sono delle cose che tu sai e io ancora non so. Potresti sicuramente insegnarmi qualcosa.”
Davvero il più saggio, anche senza sapere tutto.
I cantanti e gli attori poi non ne parliamo, per un bambino vivono talmente nell’iperuranio che i personaggi dei cartoni animati sembrano quasi più reali.
Poi ci sono proprio gli idoli. Tipo io adoravo Cristina D’Avena e Marco Columbro, vai a capire perché proprio quei due. Columbro, poi.
Ma sopra tutti, lassù sul podio degli idoli dorati e irraggiungibili, per me ce n’erano tre: Gianni Rodari (Favole al telefono e Il libro degli errori li rileggo ancora ogni tanto), Silvia Ziche (che disegnava le mie storie preferite di Topolino) e Fabio Vettori (che disegnava le formichine).
Da piccola ero abbastanza fissata con questa cosa dei libri e dei disegni, lavorare nella redazione di Topolino era il mio sogno nel cassetto.
E poi c’erano quelle formichine che mi piacevano da matti, ne disegnavo in continuazione e trasformavo tutti i miei amici in formichine e mi perdevo a osservare gli splendidi mondi che prendevano vita dalla matita di Fabio Vettori.
Disegnava degli universi, delle storie intricatissime in un’unica immagine. Passavo le ore a scovare tutti i più piccoli dettagli nelle sue tavole.
Tipo questa, con le formichine che costruiscono l’arcobaleno: