Delle poesie, dei ricordi, dei viaggi e di Itaca

the journey is the destination

I primi libri che ho comprato da piccola sono stati libri di poesia.
Leggevo Hikmet, Gibran, Tagore. La leggerezza proprio.
Mi ci perdevo dentro quelle poesie. Le leggevo, le studiavo, le spremevo.
Ricopiavo i pezzettini che mi avevano più colpito in un quaderno con una copertina bellissima e una carta molto liscia, comprato apposta. Rigorosamente con la penna blu.
E poi le interrogavo: cercavo tra le righe delle parole che parlassero a me, che rispondessero alle mie domande. Le trovavo, spesso. Ed era confortante sapere che anche i grandi come Neruda si erano sentiti come me.
Le mie preferite erano le poesie d’amore.

Le poesie mi piacevano perché erano mondi a sé, brevi, finiti, sintetici.
Poche righe raccontavano più di interi romanzi. E lo facevano una grazia e una perfezione che veniva da dire “basta, non scriviamo più di questo tema, che è già tutto qui dentro, in questa poesia, e non si può dire meglio di così, quindi basta”.

Vi ho raccontato queste cose per arrivare a parlarvi dell’incontro, del tutto casuale, che ho avuto con una delle mie poesie preferite, che per anni è stata appesa in camera mia.
La poesia è Itaca, di Costantino Kavafis.
È stata la mia passione per Omero a regalarmela. Dopo aver letto e riletto l’Odissea mi aveva incuriosito la ricostruzione geografica reale del viaggio di Ulisse. Su internet si trova un’infinità di materiale sull’argomento. Un sera, dopo ore di navigazione e lettura, ho aperto un link e l’ho trovata là. Itaca.

Parla di un viaggio, ma soprattutto parla del viaggiare. 
Ai blogger di viaggio capita spesso di fermarsi a riflettere su questi temi, mettendo da parte per un momento il racconto delle destinazioni.
Proprio oggi io volevo scrivere un post così: volevo parlarvi del viaggiare, del perché preferisco i road trip, del perché dentro le città scelgo di camminare, del perché l’importante è partire.

Poi mi sono ricordata di questa poesia.
Che è una di quelle ti prego non scriviamo più niente che è tutto già detto meravigliosamente e definitivamente qui.
Perciò stavolta lascio parlare Kavafis, do ragione alla me quindicenne che copiava questa poesia con la penna blu sul quadernino.

Ve la riscrivo qui sotto, i grassetti sono miei, sono le parti che preferisco.

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

(Che poi magari un giorno lo scrivo il post che avevo in mente, e vi racconto anche di un sacco di persone che ho incontrato in giro per il mondo e di tantissime cose davvero preziose che mi sono successe. Nel frattempo questa è una poesia che – altro che blog di viaggi – è un mondo intero.)

12 thoughts on “Delle poesie, dei ricordi, dei viaggi e di Itaca

  1. ad una compagna di liceo piaceva moltissimo kafavis, per questo lo ricordo. io non sono mai stata amante della poesia, nè da piccola, nè adesso.
    ma di omero e dei viaggi sì, per cui questa non può non piacermi. grazie!

  2. Bellissima 🙂
    Anch’io adoro la figura di Omero, che è poi uno “state of mind”, ricordo al liceo (classico) come fosse un soggetto di studio che non mi pesava affatto.
    Ancor oggi, grandicella, mi affascina totalmente.
    Penso che sia il Padre di chiunque abbia scritto/poetato di viaggi dall’antichità in poi, oltre che il Padre di tutti i viaggiatori (da non confondere con i turisti, beninteso).

    • Noi al liceo traducevamo l’Odissea dal greco! Era l’unica parte delle lezioni di greco che mi piaceva 🙂

  3. Purtroppo non amo e non so capire le poesie ma ho letto questo post con attenzione (sono una travelblogger alle prime armi, argh) e credo che sia bellissimo poter raccontare “il tutto” in così poche righe. Mi piace molto anche l’immagine del quaderno con la carta liscia e le scritte in blu 🙂

    Aspetto il post con i tuoi ricordi di viaggio 😀

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