Il mercato di Chow Kit, tra teste di mucca e polli fosforescenti

A me Kuala Lumpur non è piaciuta.
Sono felice di esserci stata però. Di esserci stata e di aver deciso che è un posto che non mi piace, ma che è stato interessante da vivere.
Ci sono posti nel mondo che devi vedere prima di capire se fanno per te o meno: Kuala Lumpur è uno di questi, e non fa per me.
Un po’ tipo Dubai, con la differenza che Dubai non è nemmeno interessante.

In particolare, sono molto felice di essere stata a Chow Kit, uno dei luoghi più terrificanti della mia vita.

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Chow Kit è un mercato di generi alimentari e teste di mucca nella zona nord di Kuala Lumpur. E anche di polli fosforescenti.

Noi siamo entrati da Jalan Raja Alang, dicendo “qua c’è un mercato segnalato sulla guida, dai entriamo!”. Ecco, no.
Magari entrate un po’ più preparati di così.

Intanto l’odore: a Chow Kit c’è un puzzo che è come un pugno alla bocca dello stomaco. In generale Kuala Lumpur è una città abbastanza puzzolente.
In questo mercato si mischiano tanti odori terribili producendo un risultato nauseabondo: carne di ogni genere, pesce (fresco e non), fango, cipolle, umido, sangue, pollame, frittura, spezie, marcio, rifiuti.

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E poi il caldo: tutte queste bancarelle sono ammucchiate sotto enormi teloni di plastica tenuti insieme alla buona. Per centinaia di metri non si vede neanche uno spicchio di cielo. L’aria non gira, il sole picchia forte e scalda la plastica, non si respira.

Si cammina sulla terra, anzi sulla terra bagnata. Il terreno non è asfaltato e, negli stretti corridoi tra una bancarella e l’altra, si creano dei piccoli corsi d’acqua maleodorante in cui si raccolgono gli scarti del mercato e su cui camminano tutti i clienti.

chow kit market - kuala lumpur 3La gente però, inspiegabilmente, sorride un sacco.
All’inizio sono increduli nel vedere dei turisti in quella zona. Per tutta la giornata, in effetti, abbiamo incontrato solo persone del luogo.
Poi, dopo un primo sguardo incredulo, ti sorridono, quasi come per ringraziarti. Per esserti spinto fin lì, per non aver storto il naso, per essere entrato, per aver visto un pezzo di vita vera.

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chow kit market - kuala lumpur 6Dopo mezz’ora a Chow Kit avevo lo stomaco chiuso e gli occhi pieni.
Non avevo mai visto un posto così in vita mia, con pesci essicati e le lingue di mucca a poca distanza gli uni dalle altre.

Sono uscita da lì felice di non doverci più mettere piede nella mia vita, ma ancora più felice di esserci stata. 

Se state programmando di passare qualche giorno a Kuala Lumpur segnatevi Chow Kit come tappa obbligatoria.

Noi alla fine ci siamo chiesti: ma se c’è gente che quotidianamente fa la spesa qui e mangia queste cose, lavare la frutta del supermercato con l’Amuchina, ha senso?

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24 thoughts on “Il mercato di Chow Kit, tra teste di mucca e polli fosforescenti

  1. Amo i mercati dell’Asia! L’effetto “stomaco pieno” senza mangiare lo facevano anche a me… Evito solitamente la sezione carne e frattaglie ma amo girovagare fra le spezie e la frutta… L’igiene? Un concetto relativo 😛

  2. Ma questo è un vero e proprio invito ad andarci! Adesso che so cosa si può trovare in quel mercato sono sicuro che se capiterò da quelle parti sarà la mia prima tappa!
    Invitante!

  3. Grazie della visita, sempre bello trovare qualche collega “viaggiatore”
    Bel titolo del blog, ma soprattutto BELLISSIMO sottotitolo, la curiosità è un motore perpetuo che ci spinge a viaggiare fuori e dentro di noi …
    A presto !!!

    • Così per me è troppo sicuramente, c’erano più mosche c’è polli! Però anche noi probabilmente esageriamo dal lato opposto..

      • io sono ancora della generazione che non aveva le bottigliette d’acqua, l’amuchina per le mani e ammenicoli vari. bevevamo tutti dalla stessa fontana, o bottiglia, e se ci facevamo male, una bella leccata e via!

  4. ciao!bello il tuo blog, adesso ci faccio un giro. Sono d’accordo con te che bisogna vivere un luogo per capire che non fa per noi. Ce ne sono tanti che vorrei vedere, ma penso che Kuala Lumpur lo metterò in coda. D

  5. Leggere il tuo post mi ha fatto rivedere immagini e soprattutto… sentire odori di certi mercati orientali… Sono tutti così, hanno tutti questi odori… In Corea, a Busan, ho girato un mercato di verdura e (soprattutto) pesce dove ho visto creature marine che sembravano uscite da un film horror-fantascientifico: la puzza di pesce me la sono sentita addosso per i due giorni successivi.
    Ma l’esperienza più “forte” la ricordo dal mercato di Islamabad in Pakistan, dove un invisibile confine separava la parte dedicata all’artigianato e agli oggetti “inanimati” da quella dedicata al cibo e in particolare alla macelleria…
    Uno spettacolo incredibile e affascinante, un odore insopportabile… quarti di animali sanguinolenti appoggiati a terra e coperti di mosche, polli vivi e morti insieme, mendicanti (ho visto un lebbroso, per la prima e ultima volta in vita mia), il tutto camminando fra la folla con le scarpe in un misto di acqua, liquami e sangue di animali… E lì in mezzo il chioschetto che vendeva spremuta di canna da zucchero e altri succhi indecifrabili…
    Sono stato male per un giorno, ma sono contento di esserci stato.
    Per quanto riguarda la tua riflessione finale, noi occidentali (e italiani in particolare) siamo esagerati – penso all’amuchina che citavi tu, o ai guantini per prendere la frutta al supermercato – ma la gente che vive in quei posti è abituata dalla nascita a convivere (a sopravvivere?) con cariche batteriche fuori misura… Sono sicuro che se bevessimo le cose che bevono loro, nei contenitori che loro usano, ci ritroveremmo schiantati in pochi minuti!

  6. Bellissimo post, mi sono veramente divertita a leggerlo!
    Anche io ho cominciato a farmi domande sull’amuchina ecc. dopo essere stata a Hong Kong anni fa: il mondo si preoccupava dell’influenza aviaria, io mi preoccupavo di essere partita senza l’igienizzante per le mani ma lì nei mercati c’erano polli ovunque che svolazzavano allegramente su ortaggi, carne macellata ecc. Il che non mi ha impedito di gustare lo street food locale in posti al limite dell’accettabile su uno standard italiano e uscirne illesa con la convinzione appunto che l’igiene è un concetto molto relativo. Da allora non ho più comprato gel disinfettanti per le mani o simili: viaggiando si impara.

  7. Hai scritto a parole quello che ho pensato quando sono stata a Djerba. Non fa per me, ma sono contenta di esserci stata.

    Per il mercato, beh… io ormai ragiono ad “esperienze”… più ne fai, più impari qualcosa. Belle o brutte che siano. 🙂

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